Matteo Salvini inguaia, come minimo imbarazza, la sua maggioranza a cominciare dalla premier Meloni con i raduni sovranisti che vorrebbero spazzare via “malati” come Ursula con der Leyen e Hans Timmermans. E la maggioranza, nel dettaglio Fratelli d’Italia, mette i bastoni tra le ruote ai progetti elettorali di Salvini che hanno nella candidatura del generale Vannacci una delle punte di diamante.

Il caso Vannacci

La coincidenza, si dirà, è solo temporale ma suggestiva: mentre il leader della Lega domenica chiudeva a Firenze l’adunata nera dei partiti dell’estrema destra europea, nelle stesse ore scattava la trappola per il generale dell’Esercito Roberto Vannacci autore del criticato best seller estivo “Il mondo al contrario”. Con una mano, infatti, la Difesa comunicava la promozione del generale a Capo di Stato maggiore delle forze operative terrestri. Con l’altra gli notificava l’avvio del “procedimento disciplinare formale” che è cosa ben diversa da quello sommario avviato d’ufficio in settembre quando il libro divenne un caso politico e il suo autore una specie di rockstar osannata da destra. È successo infatti che addormentatosi domenica sera con il brivido per una nomina che lo stesso Salvini aveva salutato con i “complimenti e buon lavoro al leale e generoso servitore dell’Italia e degli italiani”, il generale Vannacci ieri mattina si è presentato al nuovo ufficio a palazzo Slataper, sede del Comando delle forze terrestri, e i suoi superiori gli hanno notificato l’inchiesta disciplinare. Una doccia scozzese micidiale. A cui Vannacci ha reagito nel modo meno marziale tra quelli previsti: un mese di licenza “per motivi familiari”.

Sarebbe stato più consono accettare a testa alta l’indagine e prendere servizio. Solo che anche la presunta “promozione” è, per chi conosce la Difesa, poco più di un comodo parcheggio. Vannacci infatti è nei fatti il numero 4 del comando delle forze terrestri. Sopra di lui ci stanno ufficiali del calibro del generale Salvatore Camporeale e del generale Angelo Michele Ristuccia che ha ceduto il 23 ottobre il comando in Kosovo. “Assai meno di un capo di gabinetto” chiarisce chi conosce bene il peso degli incarichi militari. Tra i capi d’imputazione quello più compromette contesta al generale il fatto che “le controverse opinioni contenute nel libro – i gay non normali a esempio – potrebbero generare identificazione con l’istituzione che rappresenta venendo meno così al principio di terzietà”. Dichiarazioni che hanno provocato un danno di immagine ad una istituzione come l’Esercito.

La Commissione dovrebbe concludere il suo lavoro in un mese o poco più. Comunque andrà – nulla di fatto o procedimento disciplinare, la sua candidatura resta possibile. L’interessato non l’ha mai smentita. Anche domenica quando è rimbalzata la notizia della sua “promozione”. Che a ben guardare, però, è stato uno scacco matto. Anche per chi, ad esempio Salvini, domenica ha subito augurato a Vannacci gloria e successi.

Dio, patria, famiglia

Magari con la Lega e con Identità e democrazia, la famiglia politica europea dei nazionalisti euroscettici che contende lo spazio a destra ai Conservatori (la famiglia Europa di Fratelli d’Italia) e che domenica a Firenze hanno avviato la campagna elettorale. Con alcune parole chiave: “Dio, patria, famiglia tradizionale con mamma e papà, verità, giustizia e libertà” e la guerra al “politically correct”. C’è molto del Vannacci pensiero in questo raduno nero delle destre europee. Sul palco della Fortezza da Basso a Firenze si sono alternati ben 14 leder di altrettanti partiti europei. Le guest star – la francese Marine Le Pen e l’olandese Geert Wilders reduce dalla vittoria alle politiche (ma non ha i numeri per fare il governo) – hanno dato buca e inviato dei videomessaggi. Dal palco sono risuonate affermazioni come: “Ursula von der Leyen e Hans Timmermans? Sono dei malati”. Non solo: “Le persone più pericolose per l’Europa”.

Le sanzioni alla Russia? “Inutili e soprattutto dannose visto che l’economia russa vola e quella tedesca è in recessione”. E poi, “basta immigrazione di massa, basta asilo, basta transizione climatica”. L’Europa? “Una grande casa con un bel giardino e in fondo un bel muro invalicabile dove far entrare chi vogliamo noi”. I vaccini? “Una insopportabile schiavitù”. In prima fila, uno accanto all’altro, ad ascoltare c’erano il vicepremier Matteo Salvini, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, il ministro dell’economia Giorgetti, quello delle Riforme Roberto Calderoli, i governatori Zaia e Fontana, i capigruppo Romeo e Molinari. A volte hanno applaudito. Tra qualche imbarazzo. Giorgia Meloni ha ufficialmente un problema enorme nel suo governo: il principale alleato va in direzione opposta alla sua. Sarà difficile spiegarlo a Von der Leyen, Scholtz, Macron e tutti gli altri al prossimo Consiglio europeo.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.