Nei giorni scorsi l’Amministrazione Trump ha fatto sapere che è intenzione del Presidente americano organizzare entro l’anno un Summit Usa-Africa a New York. Ad annunciarlo è stato Troy Fitrell, Assistente Segretario di Stato ad interim per l’Africa, durante un incontro ad Abidjan, in Costa d’Avorio, con la Camera di Commercio statunitense in Africa Occidentale. Egli ha anche specificato che non sarà il solito Summit che parla di politica e guerre, ma principalmente di affari, commercio e migrazioni, su un piano di uguaglianza con i partner africani.
L’idea in sé non è nuova per gli Stati Uniti.

Già Barack Obama ospitò un Summit Usa-Africa nel 2016, e Joe Biden lo organizzò nel 2022, mentre Trump, nella sua precedente esperienza presidenziale, non ritenne di farlo, in linea con il suo scarso interesse per il Continente. Dopo aver assestato due duri colpi all’Africa con il blocco delle attività umanitarie di USAID, e con l’introduzione dei tassi doganali generalizzati al 10%, ed aver provocatoriamente accolto come rifugiati 49 Afrikaaner bianchi del Sud Africa bersaglio- a suo dire- di espropri terrieri da parte del Governo di Pretoria, Trump tende quindi la mano ai leader africani, per parlare di business, nel quadro della sua ormai dilagante “commercial diplomacy”.

Fitrell ha anche delineato quali saranno i punti salienti della nuova strategia USA in Africa, meno ideologizzata e più orientata agli investimenti e al “trade”: prima di tutto Ambasciate ed Ambasciatori americani saranno valutati “sul fatturato” e sulle opportunità di business procurate; dovranno stimolare il capitale privato; realizzare “road show” con imprenditori provenienti dagli Stati Uniti, un po’ come le nostre “missioni di Sistema”; diffondere una cultura del rischio fra gli investitori americani, e sostenere le loro iniziative sul terreno.
La priorità è di contrastare per questa via lo strapotere della Cina in Africa, e proporre gli Stati Uniti quale concreta alternativa a Pechino in tutto il Continente, che al momento nel suo insieme rappresenta solo l’1% del totale dei traffici americani. Va da sé che l’unico grande progetto infrastrutturale sul territorio africano su cui l’Amministrazione Trump si è già pronunciata apertamente a favore è il Corridoio ferroviario di Lobito fra Angola, Zambia e Repubblica Democratica del Congo, cioè il rifacimento e la modernizzazione di una strada ferrata di oltre 1300 chilometri fra i tre Paesi, in grado di far giungere al Porto angolano di Lobito le terre rare e le risorse minerarie delle aree interne, per il quale Washington si è già impegnata per circa 600 milioni di dollari.

La finalità dell’iniziativa, a cui intende partecipare anche l’Italia, è altresì di carattere geo-strategico, poiché mira a tener fuori dall’operazione la Cina, le sue banche e le sue imprese. Per quanto il preannunciato Summit statunitense con l’Africa possa apparire una buona notizia, non basta a compensare il blocco dei finanziamenti americani per le questioni umanitarie e di “governance” del Continente, a cui era deputata l’agenzia Usaid, con un budget annuale di oltre 50 miliardi di dollari; blocco contro cui, oltre gran parte dei leader africani, ha protestato anche Bill Gates e la sua Fondazione fortemente impegnata sui temi africani. Con le sue decine di conflitti, i suoi colpi di Stato, l’arretramento della democrazia e del rispetto dei fondamentali diritti umani, l’Africa ha ancora un serio problema di affermazione dello Stato di diritto, di “buon governo”, e di tutela dei diritti umani, che non è lungimirante trascurare.

È auspicabile che lo tengano invece ben presente quanto meno i leader europei, nei loro rispettivi Summit con l’Africa, fra cui quello italiano, che potrebbe tenersi nei primi mesi del 2026, probabilmente proprio in un Paese africano. Anche perché, malgrado gli slogan e le parole d’ordine in voga, è molto difficile che gli imprenditori investano spontaneamente le cifre attese senza il sostegno finanziario delle varie banche di sviluppo, se non ci sono condizioni minime di sicurezza in quasi la metà degli Stati del Continente.

Giuseppe Mistretta

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