Pace è la parola più evocata in questi ultimi tempi, tutti la desiderano, la declamano, la invocano. Tutti – o per lo più – convinti che la pace sia l’orizzonte necessario e naturale dell’essere umano. Il grande Eraclito di Efeso avrebbe probabilmente avuto da obiettare leggendo, o ascoltando i “pacifisti” per tutte le stagioni che ogni giorno si scagliano contro il riarmo, opponendosi a tutti quegli investimenti che oggi siamo chiamati a compiere rincorrendo il nemico (il nemico esiste) che noi preferiamo definire “competitor” e invece avremmo dovuto affrontare gradualmente nel corso degli ultimi decenni. Il pacifismo come dottrina in tempi come quelli in cui viviamo è un germe pericoloso, perché non si fonda sull’aspirazione comune ad ogni uomo di vivere in pace, e in particolare in società fondante su valori cristiani, ma sull’accettazione di essa a qualsiasi condizione.

Nessun popolo ha mai avuto in dono la pace, chiedendola a gran voce, perché la grande illusione dei “pacifisti” è quella di credere che tutti la vogliano questa pace. Non è così. Ricordiamo la celebre risposta del Barone von Ribbentrop al Conte Galeazzo Ciano, “noi vogliamo la guerra”. Nessuno di noi conosce fino in fondo le aspirazioni dei nostri avversari, di quei nemici dell’Occidente che mostrano i muscoli e ci sfidano. Convinti che le nostre divisioni interne saranno causa della nostra rovina. Atene cadde dall’interno nella lotta con Sparta prima che sul mare, e quest’ultima poté concedersi il lusso di non possedere mura perché protetta dal mito della sua imbattibilità militare. Così deve essere declinata oggi più che mai la celebre frase di Vegezio e quel “si vis pacem para bellum” applicato alle politiche di difesa significa rafforzare il tassello fondamentale per una vera pace in libertà. Guardiamo alla realtà: il presidente degli Stati Uniti ha percorso il tentativo di raggiungere una pace in Ucraina, ma ad oggi si è finita per scoprire una verità che non vedeva solo chi non voleva vederla, i russi non vogliono la pace.

Così come non la vogliono i cinesi, che intendono dissanguare il più possibile l’Occidente, per la stessa ragione per cui gli USA puntano al disimpegno in Europa, il pacifico. Poi per noi c’è il mediterraneo e l’Africa dove ad essere minacciati dalla presenza russa e cinese e non solo, sono i nostri diretti interessi e la nostra sicurezza nazionale come Italia. Per questo parlare di pace oggi è illusorio se non un più netto segno di follia. Allo stato attuale del riassetto geo-politico, la non belligeranza e lo stallo sono l’unico risultato auspicabile e raggiungibile. La pace è l’obiettivo finale certo, ma il “come” ci dirà tanto sul mondo che costruiremo e se a guidare saranno i buoni o i cattivi. Se saremo noi, o i fantasmi che abbiamo tenuto lontani dall’Occidente, che con tutti i suoi difetti e le storture, parafrasando Leinbiz è ancora “il migliore dei mondi possibili”.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.