Giovanni Castaldo ha 11 anni e dieci anni fa gli è stato trapiantato un cuore nuovo. Ha contratto il Covid è questo ha compromesso l’organo avuto e adesso necessita con urgenza di un nuovo cuore. A raccontare la vicenda è Giuseppe Castaldo, il papà che disperatamente cerca di salvare suo figlio. “Aveva bisogno di una sub intensiva, una stanza sterile, che non è a disposizione – racconta Giuseppe – Sono passati 3 mesi da quando l’ho portato al Monaldi ma mi hanno detto che non c’era la stanza apposita a disposizione per lui. Ora sta malissimo. Ogni giorno mi dicono ‘domani risolviamo’ ma la soluzione non si trova mai”.

Al fianco di Giuseppe si è schierato il Comitato Genitori dei Bambini e adulti trapiantati di Cuore dell’Ospedale Monaldi, un comitato nato anni fa per protestare contro la sospensione delle attività del reparto dedicato alle delicatissime operazioni di trapianto di cuore soprattutto pediatriche. Sono saliti sul tetto dell’Ospedale Monaldi per essere ascoltati e trovare una soluzione definitiva a una situazione che da anni non trova una via di uscita. Sottolineano l’eccellenza di medici e infermieri del nosocomio ma denunciano la carenza di strutture per poter assistere con efficacia i trapiantati, persone delicatissime.

LA VICENDA  – Dafne Palmieri, portavoce del Comitato, racconta che l’ospedale Monaldi è un centro d’eccellenza per i trapianti da 30 anni, poi nel 2014 hanno iniziato ad allontanare il personale medico e gli infermieri dal reparto in cui si facevano i trapianti pediatrici. “Abbiamo iniziato immediatamente a denunciare la progressiva dismissione di quel percorso dedicato ai trapianti cardiaci ma non è servito a niente – spiega Dafne che è anche mamma di un ragazzo di 19 anni, che ha avuto il trapianto di cuore a 13 anni – Dopo un anno e mezzo che abbiamo iniziato a porre il problema contavamo 8 morti. Mio figlio era l’ultimo trapiantato pediatrico di cuore sopravvissuto”.

“Nel 2017 a seguito delle nostre denunce qualcosa si è smosso e hanno sospeso l’attività di trapianto di cuore dei bambini ma non quelli degli adulti dove c’era il 50% degli esiti negativi. La motivazione ufficiale che compare sugli atti regionali e sull’audit del ministero della Salute è che l’attività veniva sospesa per una relazione conflittuale tra due medici. Oggi ci troviamo due anni dopo a ripercorrere la stessa storia: nel 2019 c’era stata una nuova autorizzazione a riprendere l’attività di trapianto di cuore al Monaldi con dei percorsi in cui sono inclusi personale, luoghi di ricovero preposti oltre che procedure specifiche. Ma ancora non è stato fatto nulla e un bambino come Giovanni non sa dove andare e rischia la vita”.

Dafne spiega che si disponeva che l’attività fosse divisa in 3 percorsi a seconda dei pazienti: il primo pediatrici congeniti e virali fino a 10 anni, poi 10-18 anni e infine gli adulti. “Di questi tre percorsi quello 10-18 non è mai stato messo a regime con tutto il personale sanitario e le strutture necessarie – continua Dafne – Sul sito dell’ospedale dei Colli è pubblicata l’esistenza di questo percorso. Sono due mesi che vaniamo qui per sostenere il piccolo Giovanni che non ha avuto accesso alla terapia intensiva, non ha avuto a disposizione il personale sanitario minimo previsto. I vertici sanitari del Monaldi sono stati più volte sollecitati da noi ma nessuno di questi si è mosso”.

LA PROTESTA – Da tre mesi i dirigenti del Monaldi tranquillizzano il gruppo di familiari dei trapiantati sul fatto che presto sarebbe stata attrezzata la struttura apposita per i trapiantati e i percorsi già formalizzati e deliberati ma le promesse vengono sempre disattese, e nuovamente c’è l’emergenza per il caso del piccolo Giovanni. Così hanno deciso di salire sul tetto dell’ospedale e rimanerci finchè non hanno una risposta concreta.

“Non c’è traccia da nessuna parte della rendicontazione della spesa per i trapianti. Circa 10milioni arrivati negli ultimi anni dal sistema sanitario Nazionale più altri soldi dalla Regione Campania – denuncia Dafne con il Comitato – A giugno 2017 3milioni e 120mila euro, destinati all’Azienda dei Colli per l’attuazione del reparto unico dei trapianti dell’ospedale Monaldi. È stata fatta la delibera per inizio lavori 2 mesi fa, dopo 3 anni dalla delibera, e i soldi sono già stati ampiamente liquidati. Vorrei sapere che fine hanno fatto. In più al Comune di Napoli non risulta nessuna autorizzazione sanitaria. È una beffa anche il reparto unico?”.

LE TESTIMONIANZE – Alla protesta hanno partecipato anche altri genitori di bambini che hanno avuto un trapianto di cuore. Raccontano di ore in attesa “come pacchi” nei corridoi per sapere dove portare i loro figli sofferenti per essere assistiti. “Mia figlia Imma a 9 anni ha avuto un cuore nuovo – racconta Rosalba Pagano due anni dopo l’operazione le salì la febbre alta. Aspettammo tre ore in barella nel corridoio con la paura che si trattasse di un rigetto e in attesa di sapere dove dovevamo andare. Ma prima del 2014 l’assistenza c’era ed era davvero ottima”.

Alla protesta ha partecipato anche Giuseppe De Martino che aspetta un cuore da 3 anni. Prima si era iscritto nella lista d’attesa di Pavia, ma poi venuto a conoscenza dell’eccellenza dei medici del Monaldi in tema di trapianti ha deciso di tornare in Campania e aspetta da un anno. Ha subito un ricovero e racconta tutte le difficoltà a cui è andato incontro: “Mancava l’ecografo, a un certo punto non c’era nemmeno il cardiologo, le ecografie le faceva il cardiochirurgo, non c’era una rianimazione o terapia intensiva solo per i trapiantati, ci dovevamo appoggiare agli altri reparti. Infermieri e medici bravissimi, ridotti all’osso che sono costretti a fare in continuazione straordinari su straordinari e lo fanno per noi, per passione. Alla fine siamo noi a pagare le conseguenze di tutto questo con la salute”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.