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Il vecchio Donald smonta l’America Party di Musk. Rivoluzione o fiammata? Il futuro predetto da Grok
Quella del terzo partito non è una nuova suggestione della politica Usa. A volte si è dimostrata velleitaria altre volte ha avuto un peso nel voto popolare, come Ross Perot che nel 1992 prese il 18,9% dei voti
Elon Musk non è un uomo dalle mezze misure. Ha creato un impero tecnologico, ha un patrimonio di miliardi di dollari, ha fatto sognare l’America e il mondo con i suoi razzi per l’esplorazione spaziale, i suoi satelliti ma anche con le macchine elettriche. Ha voluto Twitter a ogni costo, l’ha comprato e l’ha trasformato in X fino a renderlo forse uno dei più importanti canali delle opinioni pubbliche mondiali. E con le ultime elezioni per il presidente degli Stati Uniti, ha deciso di anche di sostenere in maniera plateale Donald Trump trascinandolo di nuovo alla Casa Bianca e ottenendo per sé il fantomatico Doge, l’ufficio con cui doveva fare la “rivoluzione” dei tagli della spesa pubblica.
Tutto inizia con un sondaggio
La rivoluzione però si è interrotta molto presto. Formalmente, per la scadenza dell’accordo. Nella sostanza, perché le divergenze con The Donald sono diventate sempre più nette. Sui tagli, sulla politica estera, sulla Big Beautiful Bill voluta dal presidente. “Un aumento del deficit da una cifra già folle di 2mila miliardi di dollari sotto Biden a 2.500 miliardi. Questo farà fare al paese bancarotta” ha sentenziato il magnate a chi gli chiedeva come mai fosse così arrabbiato con il suo vecchio amico e alleato. Ma come spesso è accaduto nella sua carriera da imprenditore, Musk non si è accontentato di farsi da parte. Assaporata la “res publica” americana, il magnate di origini sudafricane ha deciso di fare un’altra scommessa. Fondare un suo partito. Ha iniziato con un sondaggio su X, simbolicamente realizzato il 4 luglio, in cui il 65% dei fruitori di X si è detto d’accordo con la nascita dell’America Party. E sfruttando l’onda lunga della sua contrarietà al Big Beautiful Bill di Trump, il creatore di Tesla ha fondato il movimento e in questi giorni ha anche cercato di disegnare una strategia politica.
La risposta di Grok
Un piano di inserimento nella politica Usa partendo dal Congresso. E lo scenario, Musk lo ha fatto “predire” proprio da Grok, l’intelligenza artificiale di X. “Creare un America Party” ha spiegato l’IA, “potrebbe frammentare il voto repubblicano in Stati indecisi come Pennsylvania, Georgia, Arizona, Wisconsin, Michigan e Nevada”. E l’America Party “alle elezioni di Mid-term del 2026, potrebbe far pendere la bilancia tra Camera e Senato a favore dei Democratici, attirando conservatori scontenti (ad esempio, una quota di voti del 5-10% secondo i sondaggi)”. Mentre per le presidenziali del 2028, Grok scommette sulla possibilità che il partito di Musk strappi consensi proprio all’attuale presidente repubblicano. Difficile dire se questa di Musk sia una vera e propria rivoluzione o la fiammata di un uomo potente, ricchissimo e che non disdegna la vita pubblica. Ma intanto, il suo movimento ha già provocato delle reazioni. Sul piano finanziario, quello che poi interessa allo stesso Musk, ieri le azioni di Tesla sono scese di quasi l’8% all’apertura di Wall Street.
Steve Bannon, un tempo il grande stratega e cantore trumpiano, si è rivolto con rabbia al magnate. “Non è americano, è del Sud Africa”, ha tuonato Bannon, chiedendo anche l’espulsione di Musk. Ma la reazione più importante è stata senza dubbio quella del suo ex amico e capo, cioè Trump. “Mi rattrista vedere Elon Musk aver perso il controllo e andare completamente fuori dai binari” ha detto The Donald, che ha anche definito “ridicolo” il fatto di fondare un terzo partito. Che ora però vede anche con timore le mosse del suo vecchio alleato. Quella del terzo partito è una vecchia suggestione della politica Usa. A volte si è dimostrata del tutto velleitaria, altre volte però i terzi candidati hanno avuto un peso nel voto popolare.
Theodore Roosevelt si candidò come indipendente nel 1912 ottenendo milioni di voti. Nel 1968 George Wallace arrivò terzo ma col 13% dei consensi. L’ultimo ad avere un peso rivelante nel voto popolare fu Ross Perot, nel 1992, che prese il 18,9% dei voti pur senza conquistare nemmeno un grande elettore. E nella crisi politica e istituzionale che si vive ormai da anni a Washington tra un Partito repubblicano ormai Maga con Trump anziano e un Partito democratico ancora in cerca di linfa vitale e di un candidato forte, l’America Party di Musk rischia di essere qualcosa di più di una scheggia impazzita.
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