Il consiglio comunale rischia lo scioglimento in seguito a una inchiesta, ancora in fase embrionale, dalla procura di Napoli. Accade a Torre Annunziata, comune in provincia di Napoli, dove dopo le dimissioni di quattro consiglieri, tra cui il presidente del consiglio comunale Giuseppe Raiola, e di un assessore, è arrivato il passo indietro del sindaco. Il primo cittadino Vincenzo Ascione ha rassegnato nella tarda mattinata di mercoledì 16 febbraio le dimissioni a distanza di 24 ore dalla conferenza stampa di ieri dove annunciava di voler andare avanti “a testa alta” dopo l’inchiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Adesso il sindaco ha venti giorni di tempo per ritirare le dimissioni prima che diventino definitive e scatta lo scioglimento del consiglio comunale.

Inchiesta che vede indagato lo stesso Ascione e altre undici persone tra amministratori, ex amministratori, ex consiglieri regionali e imprenditori) e che la settimana scorsa ha fatto scattare un blitz della Guardia di Finanza negli uffici del Comune per acquisire alcuni atti. Si indaga in particolare su presunte e ipotetiche infiltrazioni mafiose e sui rapporti di alcuni amministratori, incluso il sindaco, con il nipote di un vecchio fedelissimo del clan Gionta.

“Nel prendere atto delle dimissioni di alcuni consiglieri comunali – afferma Ascione in una nota diramata dal suo ufficio stampa – e in particolare del presidente del consiglio comunale Giuseppe Raiola, che mi ha seguito in questa avventura, resistendo alle tante avversità che si sono presentate lungo il cammino, seppur consapevole di aver dichiarato di voler proseguire il mio mandato alla guida della città, con grande rammarico rassegno le mie dimissioni dalla carica di sindaco pro tempore del Comune di Torre Annunziata”.

Nella conferenza di ieri lo stesso Ascione aveva invece ribadito di voler andare avanti: “Non intendo, almeno per il momento, rassegnare le mie dimissioni. Sono qui a testa alta, con la mia onestà e con il mio amore per questa città“. “Si travolge e si espone una classe politica alla pubblica gogna per contestazioni ipotetiche senza prove né riscontri e rispetto alle quali nessuno può dirsi immune. Vista l’esperienza che stiamo vivendo sento di poter dire che chiunque scenda in campo può essere messo di punto in bianco nell’occhio del ciclone. Io non ci sto”.

Nel mirino dell’Antimafia la figura di un dipendente della raccolta rifiuti, Salvatore Onda, nipote di un killer (Umberto Onda, che al 41bis sta scontando una condanna all’ergastolo) in passato al soldo del clan Gionta. “Che io sappia – dice Ascione -, è completamente estraneo ad ambienti criminali, credo che abbia improntato la propria esistenza al distacco da qualsivoglia legame con la sua famiglia. Una parentela non può essere motivo di esclusione dalla vita sociale o politica, al contrario potrebbe rappresentare un esempio di riscatto e di resilienza. Io – aggiunge – non valuto una persona in base alle parentele, siano esse le più illustri o le più scomode, ma la valuto per il modo di comportarsi nella vita e con le persone. Stupisce come proprio lo Stato, che stabilisce principi di recupero e reinserimento sociale e propone forme di emancipazione delle persone che hanno la sfortuna di provenire da contesti difficili, sia poi il primo a pretendere di dover marchiare a fuoco una persona in funzione di una parentela scomoda”.

 

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