Apprestiamoci a raschiare il fondo del barile della vergogna. Sabato a Roma un pezzo di sinistra, con l’aggiunta di una delegazione e di qualche ‘’cane perduto senza collare’’ del Pd, manifesterà contro il genocidio… degli ayatollah ad opera dell’israelo-nazista Benjamin Netanyahu.

Nell’annunciare l’iniziativa uno dei promotori a mezzadria, tal Angelo Bonelli, è riuscito a scolpire nel bronzo un principio destinato a passare alla storia: non si esporta la democrazia con le bombe. È evidente in queste parole un’esplicita condanna di Israele, il cui governo è accusato di aver aggredito “l’inerme” Iran al solo scopo di distogliere l’attenzione delle Cancellerie e delle opinioni pubbliche dal massacro dei palestinesi. Questo è solo un primo passo perché è necessaria un po’ di cautela anche nella sinistra più estrema prima di schierarsi apertamente con la teocrazia iraniana di cui si conoscono i misfatti. Il passo successivo – lo abbiamo visto nel caso di Hamas – sarà quando ci racconteranno che gli iraniani non sono tutti membri della polizia morale, e che è necessario distinguere gli apparati di un regime sanguinario dalle popolazioni civili.

Ma se gli Alleati nella Seconda guerra mondiale avessero ragionato come Bonelli, l’Europa non sarebbe oggi quel Continente dove sbocciano i fiori sull’albero dello Stato di diritto, prodigo nel dispensare frutti di libertà. In sostanza quell’idea vaga dell’Europa esibita da Michele Serra in Piazza del Popolo. La democrazia l’hanno portata le bombe delle Fortezze volanti alleate che hanno raso al suolo le città tedesche e italiane, fino ad effettuare il primo (e unico) bombardamento atomico su due città giapponesi. La democrazia è stata portata dalla guerra ai nemici dell’umanità non certo dalle trattative di un’inutile diplomazia. In Italia i morti civili furono 153.147 (di cui 123.119 dopo l’armistizio) inclusi 61.432 in attacchi aerei (42.613 dopo l’armistizio). Nella mia città, Bologna, entrando in uno dei principali nosocomi, si possono vedere le foto delle rovine dell’edificio quando fu bombardato dagli Alleati. A Roma durante un’azione sulla Stazione Termini venne colpito duramente il Quartiere San Lorenzo, ma quando l’anno dopo gli americani entrarono a Roma, furono accolti dalla popolazione come liberatori. Perché i romani si resero conto che per loro la guerra era finita e si apriva una nuova speranza (il 2 giugno 1946 l’Italia era ancora sottoposta alle autorità alleate).

A nessuno passò per l’anticamera del cervello di mettere sullo stesso piano gli alleati e i nazifascisti. A Londra non ci furono manifestazioni di solidarietà con la popolazione civile le Dresda che venne massacrata con un bombardamento devastante pochi mesi prima della resa della Germania. Se trovasse un partigiano ancora in vita (non uno finto nato nel 1949) Bonelli potrebbe chiedergli che cosa pensò quando gli Alleati bombardarono la sua città. Si sentirebbe rispondere che a lui fu ben chiaro che ognuna di quelle bombe avrebbe anticipato la fine dell’invasione e il riscatto degli italiani. Lo stesso ragionamento avrebbe fatto un oppositore del regime in esilio, in carcere o al confino.
L’affermazione infame del “non si esporta la democrazia” è stata coniata per porre una foglia di fico sulla vergogna con cui l’Occidente ha abbandonato l’Afghanistan al suo destino. In venti anni di occupazione la democrazia stava attecchendo, le donne studiavano, lavoravano, avevano dei diritti. Sarebbe bastato lasciare in quella terra un contingente militare – a parità di costi con quello che staziona inutilmente da anni al confine tra Israele e Libano – per non disperdere, in una notte, i risultati di decenni di occupazione. Personalmente io sto con Israele e Netanyahu. Lo Stato ebraico è in pace con i paesi arabi confinanti dopo anni di guerre, nessuno di loro ha trovato il modo di solidarizzare con Hamas. Persino l’Anp ha preso le distanze.

Dopo il 7 ottobre – e la risposta israeliana – quel delicato quadrante sta cambiando faccia: Hezbollah è messo in condizione di non nuocere e ciò ha rinsaldato le istituzioni libanesi, il macellaio Assad è ospite di Putin, gli Houthi non minacciano più il commercio internazionale sull’arteria del Mar Rosso. Ora Israele ha sotto il piede la testa del serpente. Credo che a questo piccolo grande popolo, capace di risorgere nei secoli dalle tragedie della storia, andrà riconosciuto, quando avrà terminato la sua missione, l’onore e l’onere di averci consegnato – da solo – un mondo più sicuro e in pace.