Sir Keir Starmer ha garantito “cambiamento”, come tra l’altro recita lo slogan della sua campagna elettorale. Mentre giovedì sera i risultati iniziavano a consolidarsi, una cosa era sempre più chiara: la novità, nel panorama politico britannico, era arrivata. Il Labour ha ottenuto una vittoria schiacciante, di proporzioni simili a quella di Tony Blair nel 1997. Venerdì mattina Sir Keir si è recato a Buckingham Palace e ha accettato l’invito del re a formare un governo, diventando il 58esimo primo ministro del Regno Unito. Dopo 14 anni di caos guidato dai Tory, gli elettori britannici ne hanno avuto abbastanza.

Una situazione sempre più complessa

Da quando un giovane David Cameron è entrato al numero 10 di Downing Street nel 2010, il Regno Unito ha affrontato una situazione via via sempre più complicata: austerità, Brexit, Covid-19, l’aumento dei prezzi dell’energia, il disastroso mandato di Liz Truss, la destituzione di Boris Johnson dopo aver mentito al Parlamento, l’immigrazione ai massimi storici, il carico fiscale più alto degli ultimi 70 anni e liste d’attesa del NHS (servizio sanitario nazionale) che sono aumentate per circa 7,5 milioni di persone.

Il paese a pezzi

Il paese è a pezzi, i Tory sono stati puniti da elettori visibilmente arrabbiati e delusi. Si è trattato del peggior risultato nei 190 anni di storia del partito conservatore e unionista. “È chiaramente una notte terribile per i conservatori”, ha detto l’ex ministro e talismano della Brexit Sir Jacob Rees-Mogg, che ha perso il suo seggio. La vittoria schiacciante del Labour è dovuta più al crollo dei Tory che a un’ondata di entusiasmo per Starmer. Diversi altri “grandi nomi” dei conservatori hanno perso i loro seggi. Tra questi c’è l’ex primo ministro Liz Truss, l’ex leader della Camera dei Comuni Penny Mordaunt (che ha tenuto lo scettro durante l’incoronazione di re Carlo), l’ex segretario alla difesa Grant Shapps, l’ex segretario all’istruzione Gillian Keegan e l’ex segretario alla giustizia Alex Chalk. Molti di loro, in particolare Mordaunt, erano considerati potenziali futuri leader del partito. Ora saranno fuori dal Parlamento.
“Quello che mi è assolutamente chiaro stasera non è tanto che il partito laburista ha vinto queste elezioni, quanto piuttosto che i conservatori le hanno perse”, ha sostenuto Shapps. Potrebbe avere ragione, ma alla fine è un dettaglio irrilevante. Nulla, per i conservatori o per la politica britannica, sarà più lo stesso. Sir Keir Starmer lo ha detto chiaramente venerdì mattina. Il suo è stato un discorso curato nei minimi dettagli, da statista. Il momento è stato certamente diverso da quello di Sunak sotto la pioggia quando ha indetto le elezioni e dall’atteggiamento tenuto da Boris Johnson durante il suo governo.

La fiducia del popolo britannico

Il leader del Labour è arrivato tra applausi scroscianti. Tutto dava l’impressione di novità, anche se senza l’enfasi con cui Tony Blair nel 1997 promise un “nuovo inizio per la Gran Bretagna”. Starmer si è focalizzato su una promessa in particolare: lavorare per ripristinare la fiducia del popolo britannico nei loro politici. “Restituire la politica al servizio pubblico. La politica può essere una forza per il bene. Lo dimostreremo. Questo è il modo in cui governeremo. Prima viene il paese, poi il partito”. Ed è proprio questa una delle priorità: in un paese che tende storicamente a trattare meglio i suoi politici rispetto a quanto accade altrove, in questo momento l’élite di Westminster è apertamente disprezzata. Un nuovo rapporto intitolato “Damaged Politics” del National Centre for Social Research afferma che “la fiducia nei governi è ai minimi storici”.

Invertire il declino

Il 45% non si fiderebbe “quasi mai” del fatto che i governi britannici – di qualsiasi partito – antepongano le esigenze della nazione agli interessi del proprio partito politico, più di quanto registrato in passato. Invertire questo declino, avvenuto soprattutto sotto le amministrazioni conservatrici, sarà la sfida centrale di Starmer. Tuttavia va detto che le distorsioni del sistema elettorale del Regno Unito “gonfiano” il mandato ottenuto dal Labour. Ha certamente ottenuto una schiacciante maggioranza con il 65% dei seggi alla Camera dei Comuni, ma la quota dei voti presi è stata del 34%. Il numero di preferenze espresse per il Labour – nonostante la massiccia crescita della popolazione del Regno Unito negli ultimi 70 anni – non solo è simile a quello per Jeremy Corbyn nella sua sconfitta del 2019, ma è inferiore a quello di Clement Attlee nella sua disastrosa campagna elettorale del 1951. Questo significa che, nonostante la relativa sicurezza in Parlamento, la popolarità del partito potrebbe essere a forte rischio.

La sfida

La sfida per il Labour non è solo governare bene, ma ripristinare la fiducia nel farlo. Se non riesce a fare entrambe le cose, è probabile che lasci il potere prima di quanto ci si possa aspettare. Starmer non può dare per scontato il suo quinquennio a Downing Street. Starmer dovrebbe avvertire la pressione per muoversi rapidamente per la realizzazione dello sbandierato cambiamento promesso, soprattutto nel servizio sanitario nazionale e nei servizi pubblici. In una settimana memorabile per la politica europea, il “cambiamento” è arrivato nel Regno Unito. Tuttavia, come dimostrato in Francia, politici centristi come Starmer e Macron sono sempre più rari in un mondo sempre più polarizzato. Dovrà rispettare gli impegni presi per riuscire a neutralizzare la nuova minaccia sempre più incombente dei nazionalisti di Farage, di Reform, dell’estrema destra. Non sarà facile. Il duro lavoro inizia ora.

Natale Labia

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