L'intervista
L’allarme di Courouble-Share: “Riconoscere la Palestina ora significa gettare benzina sull’antisemitismo”
La storica e ricercatrice francese: “Israele è ancora in guerra contro Hamas a Gaza. Ci sono ancora 50 ostaggi nelle mani del terrorismo”
Stéphanie Courouble-Share è una storica e ricercatrice francese, specializzata in studi sull’antisemitismo e il negazionismo presso il London Centre for the Study of Contemporary Antisemitism e il Comper Interdisciplinary Center for the Study of Antisemitism and Racism dell’Università di Haifa.
A seguito delle polemiche dell’ambasciatore Usa a Parigi, Charles Kushner, sul crescere dell’antisemitismo in Francia, Macron ha risposto che il governo francese ne è consapevole e che fa di tutto per combattere il pericolo. All’atto pratico, cosa significa?
«Alla fine del 2023, il governo francese ha istituito le “Assises contre l’antisémitisme” (riunite per la prima volta nel maggio 2024, ndr), che hanno prodotto misure quali la messa in sicurezza delle scuole ebraiche, il sostegno alle vittime di antisemitismo e un piano pedagogico nazionale. Ma è nel febbraio 2025 che l’iniziativa è davvero decollata. Rilanciate in un contesto di recrudescenza storica degli atti antisemiti, le Assises si sono svolte fino ad aprile, riunendo ministri, educatori, magistrati e associazioni. Il rapporto finale del 28 aprile ha formulato 15 raccomandazioni in merito a due priorità: educazione e giustizia. Al vaglio c’è la proposta di creare un istituto nazionale di formazione sul razzismo e l’antisemitismo, la nomina di referenti sull’antirazzismo nelle scuole, l’integrazione di moduli specifici nei concorsi per insegnanti e l’obbligo di formazione per i funzionari pubblici. Inoltre, una legge promulgata il 31 luglio inserisce la lotta all’antisemitismo tra gli obiettivi delle scuole superiori, istituisce referenti per “uguaglianza e diversità” e rafforza le procedure disciplinari. Parallelamente, la Délégation interministérielle à la lutte contre le racisme, l’antisémitisme et la haine anti-Lgbt (Dilcrah), l’Office central de lutte contre les crimes contre l’humanité (Oclch) e la ministra per le Pari opportunità, Aurore Bergé, guidano campagne di sensibilizzazione, programmi educativi e azioni giudiziarie. Secondo il Ministero dell’Interno, queste misure iniziano a produrre effetti. Gli episodi di odio anti-ebraico sarebbero diminuiti del 27% tra gennaio e luglio 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024. Per quanto rimangano a un livello molto alto rispetto agli anni precedenti».
Come ha reagito la comunità ebraica francese alla proposta dell’Eliseo di riconoscere la Palestina come Stato?
«L’iniziativa ha suscitato forte preoccupazione all’interno della comunità ebraica francese. Il presidente, Yonathan Arfi, ha ricordato che “uno Stato palestinese proclamato in queste condizioni non significherebbe pace, ma accresciuta instabilità”. Personalmente, considero che la situazione attuale renda un simile riconoscimento prematuro. Israele è ancora in guerra contro Hamas a Gaza. Ci sono ancora 50 ostaggi nelle mani del terrorismo. Mentre l’Autorità Palestinese non ha né i mezzi, né probabilmente la volontà, di disarmare Hamas e le altre fazioni armate, né a Gaza né in Cisgiordania. Un riconoscimento simbolico, lungi dall’attenuare i conflitti, rischierebbe di rafforzare le fratture comunitarie in Francia e di incoraggiare gli atti antisemiti».
Tra Macron e Trump le relazioni non sono mai state buone. Come ha reagito la comunità ebraica francese al fatto di essere stata coinvolta in questa polemica costante? Pensa che Trump possa aiutarvi?
«Pur avendo visioni divergenti sul Medio Oriente e sull’Ucraina, l’alleanza tra Francia e Stati Uniti non è oggetto di discussione. Dal lato della comunità ebraica francese, Trump suscita reazioni contrastanti. È apprezzato da una parte della destra e dell’estrema destra ebraiche, che salutano il suo sostegno dichiarato a Israele. Personalmente, rimango diffidente di fronte al suo carattere imprevedibile, al suo egocentrismo e alle sue frequentazioni nell’estrema destra americana, compresi ambienti complottisti, antisemiti e antivax. Anche se sembra voler aiutare Israele e l’Europa, non bisogna dimenticare l’idea dell’America First, che limita qualsiasi reale solidarietà al di là degli interessi americani».
Da dove bisognerebbe cominciare per sradicare davvero l’antisemitismo?
«Dalla formazione e dall’informazione innanzitutto. In particolare sui social network. L’ignoranza alimenta i pregiudizi. In questo senso, il lavoro svolto da Katharina von Schnurbein, coordinatrice della Commissione europea per la lotta contro l’antisemitismo, risulta meritevole. Per quanto sia stata duramente criticata. Nel voler difendere Israele, ha definito alcune azioni di solidarietà con Gaza come antisemitismo. I suoi oppositori l’hanno allora accusata di confondere la critica legittima a Israele con l’odio verso gli ebrei. Questa controversia mostra quanto il confine tra critica politica e antisemitismo sia diventato sfumato e facilmente strumentalizzabile. Serve più formazione per spiegare chiaramente la differenza tra antisemitismo – odio verso gli ebrei come popolo, fino al desiderio della loro distruzione – e antisionismo, inteso come odio verso lo Stato di Israele e i suoi cittadini, spesso fino a volerli far sparire. Sono entrambi atteggiamenti gravi e storicamente correlati. Ma se si vuole combattere queste due manifestazioni di odio, è cruciale lavorare sulle sfumature. Comprenderne le rispettive logiche per smontarle, mostrando inoltre la loro articolazione ideologica».
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