Dopo Messico, Canada e Cina, tocca al Vecchio Continente
Trump, la guerra dei dazi e l’incubo recessione: l’Ue deve rispondere con web tax e azioni forti

Il primo giorno dei nuovi dazi commerciali imposti dall’Amministrazione Trump nei confronti di Canada e Messico e l’inasprimento di quelli alla Cina si è rivelato molto complicato per le borse di tutto il mondo. Milano, Parigi, Berlino e Londra hanno chiuso con perdite significative. Tra gli operatori sono prevalse le vendite mentre salgono i titoli azionari legati alla Difesa. Questi ultimi sono trascinati dall’annuncio del numero uno della Commissione Europea, Ursula Von Der Lyen, di un piano da 800 miliardi per la difesa comunitaria.
Tariffe contro Canada e Messico
Per il Canada, l’ordine esecutivo del Presidente americano prevede rincari del 25 per cento mentre le risorse energetiche sono colpite da un tasso inferiore del 10 percento. Più duro l’intervento nei confronti del Messico: le merci saranno soggette a un’imposizione generale aggiuntiva del 25 per cento. Secondo il numero uno della Casa Bianca, questi interventi sono stati necessari visti i modesti passi avanti nella lotta alla diffusione della droga.
Le contromisure ai dazi di Trump
Nei confronti di Pechino, i dazi ammontano al 20 per cento. Proprio dalla Cina arriva immediatamente la risposta più dura. In una nota, il ministero delle Finanze cinese annuncia tariffe del 15 per cento su alcuni beni quali pollame, grano, cotone e mais e altri dazi al 10 per cento sulle importazioni di una serie di popolari beni Usa. Si tratta di soia, sorgo, carne di maiale e manzo, prodotti ittici, frutta, verdura e prodotti lattieri caseari. “Le misure tariffarie unilaterali degli Stati Uniti – spiegano dal ministero del Commercio – violano gravemente le regole del Wto e minano le basi per la cooperazione economica e commerciale”. Anche il Canada non resta con le mani in mano: il Paese nordamericano impone dazi del 25 per cento su 155 miliardi di dollari di merci americane.
Lo studio
Secondo una analisi di Bloomberg, i dazi americani hanno un valore di oltre 1,5 trilioni di dollari e colpiranno tutta la filiera produttiva e distributiva mondiale. Le economie, infatti, sono strettamente collegate tra di loro e le imposizioni di tariffe punitive in un modo o nell’altro causeranno effetti su tutti i mercati. Ecco perché le borse sono nervose e vedono abbastanza nero. All’orizzonte si staglia una parola che nessuno vorrebbe mai pronunciare: una recessione globale la cui causa principale sta proprio nelle politiche del nuovo inquilino della Casa Bianca. Non serve ricordare che ogni dazio avrà come risposta un “contro dazio” e ciò potrebbe minare la crescita globale già fortemente debilitata dalle conseguenze del conflitto russo – ucraino e dal periodo di alta inflazione che da poco il mondo stava faticosamente cercando di lasciarsi alle spalle.
Europa: web tax e azioni forti
Non resta a guardare Bruxelles che si dice “molto preoccupata” dalle strategie trumpiane. “L’Ue si rammarica profondamente della decisione degli Stati Uniti di imporre dazi sulle importazioni da Messico e Canada – afferma il portavoce della Commissione Ue Olof Gill. Questa mossa rischia di interrompere il commercio globale, danneggiare i principali partner economici e creare inutili incertezze in un momento in cui la cooperazione internazionale è più cruciale che mai”. “L’Ue si oppone fermamente a misure protezionistiche che minano il commercio aperto ed equo. Invitiamo gli Stati Uniti a riconsiderare il loro approccio e ad adoperarsi per una soluzione cooperativa basata su regole che avvantaggi tutte le parti”.
A breve, però, Bruxelles sarà chiamata rispondere concretamente a Trump il quale non ha mai fatto segreto della volontà di imporre dazi anche all’Europa. Visto che il tycoon sta mantenendo le sue “promesse” sarà importante che l’Unione Europea si faccia trovare pronta. È vero che il vecchio continente ha una bilancia commerciale a suo favore nei confronti degli Stati Uniti, ma è anche vero che le principali multinazionali Usa fanno affari d’oro nel mercato europeo. Basterebbe incrementare la web tax per indurre a più miti consigli Trump visto che non è più il momento delle mediazioni ma delle azioni forti.
Sempre che l’Europa riesca a parlare con una sola voce.
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