Economia
La furia tariffaria di Trump può investire anche l’Italia: il settore automotive trema. Orsini: “È un’ora buia”
Il danno riguarderebbe non solo le quantità ma anche il valore aggiunto, che nel settore locale registrerebbe un meno 4,7%

Donald Trump tira diritto sui dazi, e la reazione dei paesi europei – così come quella dell’opinione pubblica – è francamente incomprensibile. Nella prima riunione del Consiglio dei ministri, il presidente degli Stati Uniti ha parlato chiaro per l’ennesima volta, con dichiarazioni che non si prestano a libere interpretazioni: “Abbiamo deciso: imporremo dazi al 25% sulle auto e altre cose”. Quali siano le altre cose e quando partiranno le nuove tariffe ancora non è chiaro. Trump spiega: “Saranno annunciati a breve”. Non solo. Il numero uno della Casa Bianca fa sapere che non si fermerà su questa politica economica, evidenziando come la Ue “è un caso particolare. Siamo onesti: è stata formata per fregarci e hanno fatto un buon lavoro in questo, ma ora ci sono io alla presidenza”. Con la sua retorica muscolare, The Donald evidenzia che il deficit commerciale con il Vecchio continente è eccessivo, “pari a 300 miliardi di dollari”. E sulle probabili ritorsioni di Bruxelles dice di non temere conseguenze: “Possono provarci ma noi possiamo non comprare più e se accade questo vinciamo”.
La reazione dell’Europa
Questa volta la reazione europea non è tardata ad arrivare e si è sintonizzata sul tono usato dal Commander in Chief americano. Da Bruxelles fanno sapere: “La Ue reagirà in modo fermo e immediato alle barriere ingiustificate al commercio libero ed equo, anche quando i dazi vengono utilizzati per contestare politiche legittime e non discriminatorie”. Secondo un portavoce di Ursula von der Leyen, “la Ue proteggerà sempre le aziende, i lavoratori e i consumatori europei dai dazi ingiustificati. Siamo il più grande mercato libero del mondo. E la Ue è stata una manna per gli Stati Uniti. Gli investimenti statunitensi in Europa sono altamente redditizi. Le aziende americane sono state in grado di investire e generare entrate sostanziali proprio perché la Ue è un grande mercato unificato che fa bene agli affari”. Dalla Commissione, poi, si sottolinea come l’interscambio commerciale sulle due sponde dell’Atlantico ammonti “a oltre 1,5 trilioni di dollari all’anno, il più grande al mondo. Dovremmo lavorare insieme per preservare queste opportunità per la nostra gente e le nostre aziende. Non gli uni contro gli altri”. Non manca però un’apertura: “L’Europa è sinonimo di dialogo, apertura e reciprocità. Siamo pronti a collaborare se rispettiamo le regole. Ma proteggeremo anche i nostri consumatori e le nostre aziende a ogni passo perché non si aspettano niente di meno da noi”.
L’Italia e il fattore automotive
L’elemento che preoccupa tutti è il fatto che l’Italia potrebbe essere uno dei paesi più colpiti dalla furia tariffaria di Trump. Insieme alla Germania, il Belpaese è il principale esportatore verso gli Usa. Nel corso dell’ultimo anno, le vendite Oltreoceano sono state pari a 66,4 miliardi di euro, mentre l’import si è fermato a 25,2 miliardi. La bilancia commerciale pende a favore del nostro paese per oltre 40 miliardi. Senza dimenticare che si tratta di dati in crescita. L’introduzione di dazi potrebbe fermare questa progressione e causare non pochi problemi alla già provata industria italiana, la cui produzione è in calo da ben 23 mesi. Uno studio Oxford Economics evidenzia come i dazi americani avrebbero un effetto disastroso sull’export dell’automotive europeo, in particolare di Germania e Italia. L’analisi evidenzia come le esportazioni tedesche potrebbero calare del 7,1%, e subito dopo ci sono quelle italiane che registrerebbero un meno 6,6%. Queste perdite sono dovute alla forte dipendenza che entrambi i paesi hanno nei confronti del mercato americano: il 30% dell’export di auto italiano è destinato negli Stati Uniti; quello tedesco è pari al 24%. Cifre più modeste riguardano Francia e Spagna, con un export del 5 e 6%. Il danno riguarderebbe non solo le quantità ma anche il valore aggiunto, che nel settore locale registrerebbe un meno 4,7%. Cifre che fanno tremare i polsi.
Il monito di Confindustria
Tanto è vero che il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, avverte: “È un’ora buia, è un cambio di paradigma, inaspettato e incredibile quello che arriva dagli Stati Uniti. La minaccia non è quella di un impatto solo sulle dinamiche commerciali. La verità è ben più drammatica: qui si rischia la tenuta economica e sociale di molti stati dell’Unione e dell’Unione stessa. Quello che arriva dalla leadership americana è un attacco alle imprese e al lavoro europei. Il vero obiettivo è la deindustrializzazione del nostro continente, e quindi dei suoi livelli occupazionali”.
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