Su cosa puntare
Come attrarre fondi e talenti in tempi “utili” per le democrazie (e mostrare di essere migliori)
Cervelli in fuga, invecchiamento, immigrazione, politiche energetiche e ambientali

Ha fatto bene il direttore Claudio Velardi, a sottoporre un approccio alto e propositivo sulla prova dell’Occidente. Davanti all’assalto di Trump all’ordine delle cose, non dobbiamo asserragliarci in un retrobottega, come nel film di Robert Rodriguez “From Dusk till Dawn”, a cercare armi per combattere i demoni, in attesa del sole. Come si fa a sostenere scelte, ad attrarre fondi e talenti e che assecondino l’innovazione, in tempi utili a mostrare che la democrazia può essere meglio delle autocrazie? Qualche suggestione:
I cervelli in fuga
È difficile, ma più utile attrarre nuovi talenti che favorirne il rientro, del resto i ricercatori italiani, ad esempio, fanno meglio e di più quando tornano; cioè uscire dai confini fa bene. Il differenziale di forza però sta nel saldo. Il nostro è deficitario: siamo poco attrattivi nonostante le nostre università siano meno care e le città più belle, perché sono strutture asfittiche, carriere immobilizzate da nepotistimi e baronie.
L’invecchiamento – tutte le società che crescono “invecchiano” ma non è solo un rischio per la spesa pubblca; anzi, come ha raccontato una bella pagina del “Riformista”, può essere una grande occasione, a patto che si adegui il sistema, si valorizzi la silver economy, e si governino seriamente le migrazioni e cambiando la formazione di tutti.
L’immigrazione
Sull’intreccio tra aree di crisi, che ormai sono solo quelle a noi vicine, e le migrazioni ho trovato condivisibile il discorso in un’intervista a Il Foglio, di Marco Minniti sulla Libia: “Un pezzo grande di sicurezza nazionale si gioca fuori dai confini nazionali” e lo “scontro identitario (anche a sinistra)” non aiuta a governare insieme ai paesi di origine e di transito le dinamiche migratorie.
Le politiche energetiche e ambientali che fanno parte della sfida dell’innovazione
Spegnerle in un rollbak, come regolarle troppo, è un fatto di imperio statalista e burocratico, il focus va sulle tecnologie più che sulle ideologie, lo dicono molti, lo praticano in pochi. L’Ue ha deciso di limitare le emissioni di metano, anche perché le imprese della filiera ed hanno investito in tecnologie per guadagnare anche decarbonizzando. L’Italia può essere non solo un hub, ma una frontiera, non un confine, per i paesi che producono e da cui l’UE importa. Trasferire know-how, tecnologie e best practice è persino meglio della logica degli “aiuti allo sviluppo”.
Infine la cultura dell’innovazione è legata strettamente ad una moderna cultura d’impresa, e questa alla libertà individuale. Un ruolo “dinamizzatore” ancora negato dalla sinistra post-moderna, e la destra sovranista, in verità è piena di ipocrisie (stataliste e dirigiste) al riguardo.
P.s. Il danno più grave dell’offensiva Trump è l’instabilità delle regole, l’incertezza del diritto, che non consente alle imprese di investire, collaborare e competere, non permette agli stati di crescere su scala globale, e non aiuta i cittadini di sentirsi liberi e sicuri.
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