Le Ragioni di Israele
L’Australia si assuma le responsabilità: il governo ha criminalizzato Israele
L’Australia si scopre vulnerabile quando ormai è troppo tardi. L’attacco di Bondi Beach non è stato un fulmine a ciel sereno, ma l’inevitabile punto di arrivo di un processo lento ma chiarissimo, che la comunità ebraica australiana aveva denunciato per mesi. Un processo fatto di antisemitismo tollerato, inazione politica, manifestazioni d’odio lasciate crescere senza controllo in un clima generale che ha avuto la sua tragica conclusione nel massacro di Hanukkah.
A Sydney si è materializzato l’incubo di cui la comunità ebraica parlava dal 7 ottobre: l’incubo di essere presi di mira in quanto ebrei, in un Paese che nel corso della guerra a Gaza ha visto un’escalation impressionante di retorica estremista contro Israele e contro gli ebrei stessi. Le immagini sono agghiaccianti: Arsen Ostrovsky, avvocato per i diritti umani, ripreso coperto di sangue; famiglie in fuga; terrore puro. Il parallelismo con le registrazioni del Nova Festival è immediato: la stessa corsa disperata, la stessa impotenza, la stessa violenza contro civili indifesi. Ma il filo che lega il 7 ottobre al massacro di Hanukkah è molto più profondo di una semplice somiglianza visiva.
Nei due anni precedenti alla sparatoria, l’antisemitismo in Australia è salito a livelli allarmanti. Svastiche sui muri, intimazioni, minacce, attacchi fisici. Le organizzazioni ebraiche avevano denunciato una crescita mai vista dai tempi della Seconda guerra mondiale. Eppure, il governo laburista di Anthony Albanese ha reagito con una lentezza e un’ambiguità che hanno lasciato la comunità ebraica isolata. Non solo non c’è stata una risposta ferma: in più occasioni, Canberra ha alimentato – intenzionalmente o meno – un clima politico sfavorevole a Israele, contribuendo a normalizzare un linguaggio estremista che ha poi trovato espressione nelle strade. Il governo Albanese è stato uno dei primi nel mondo occidentale a voler procedere al riconoscimento unilaterale dello Stato di Palestina. Una decisione che ha confermato in buona parte dell’opinione pubblica che Israele fosse il “colpevole” e che quindi la sua delegittimazione fosse non solo accettabile, ma giustificata.
Parallelamente, durante tutta la guerra, il governo australiano ha assunto posizioni marcatamente critiche verso Israele, alimentando un messaggio politico che i gruppi estremisti hanno colto come un tacito via libera. La prova più evidente dell’inazione delle autorità arrivò il 9 ottobre 2023, appena due giorni dopo il massacro di Hamas. A Sydney, davanti alla Opera House illuminata con i colori israeliani, migliaia di manifestanti pro-Palestina si radunarono gridando: “Gas the Jews!” “Fuck the Jews!” “Globalize the Intifada!”. Slogan degni della Germania del 1938. Eppure, non ci furono arresti, non ci furono cariche, non ci fu alcuna risposta immediata che indicasse chiaramente che quelle parole erano inaccettabili in una democrazia. Fu quello il momento in cui la comunità ebraica comprese che qualcosa si era spezzato.
La conferma finale è arrivata dopo la tragedia. Nel suo primo comunicato, il premier Albanese non menzionava affatto il movente antisemita dell’attacco. Solo dopo le critiche dell’opposizione e della comunità ebraica ha diffuso una dichiarazione più appropriata. Un riflesso tardivo, che ha dato l’impressione di un governo più preoccupato di non irritare certi settori radicalizzati della società, che di proteggere una minoranza sotto minaccia mortale. Come se non bastasse, a circa 24 ore dalla tragedia, mentre era in corso una prima commemorazione dell’accaduto, un gruppo ha avuto il coraggio di disturbare la cerimonia.
La comunità ebraica aveva visto tutto: l’odio crescente, l’inerzia politica, le manifestazioni fuori controllo, l’ambiguità governativa. Aveva rafforzato le misure di sicurezza, aveva chiesto aiuto, qualcuno aveva persino iniziato a valutare la possibilità di trasferirsi in Israele. Oggi la domanda che gli ebrei australiani pongono al loro governo è brutale nella sua semplicità: il sangue ebraico vale ancora così poco?
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