Lautaro Martinez è stato condannato dal Tribunale di Milano per aver licenziato in maniera illegittima la babysitter dei suoi figli. La giovane di 27 anni aveva scoperto di avere una grave malattia, risultatale fatale visto che è morta pochi mesi dopo, e per questo era stato necessario un suo ricovero all’ospedale per diverso tempo.

A seguito di questo, Lautaro Martinez ha deciso di licenziare la ragazza a causa delle troppe assenze per malattia. Una scelta che non è stata accettata dalla 27enne, già gravemente malata, la quale si è affidata a uno studio legale per la tutela dei suoi interessi. Il Tribunale di Milano, oggi, ha deciso di condannare il capitano dell’Inter per licenziamento illegittimo. Ora il calciatore dovrà pagare le spese legali e dovrà risarcire gli eredi della ragazza, venuta a mancare lo scorso gennaio.

La risposta di Lautaro Martinez

Non si è fatta attendere la reazione del capitano dell’Inter. In una storia su Instagram, Lautaro Martinez ha dato la sua versione, attaccando e gettando una diversa luce sulla famiglia della giovane. “Avevo deciso di rimanere in silenzio per rispetto. Ma non permetterò che venga infamata la mia famiglia. Abbiamo assunto una persona che era già malata, nostra amica da una vita. Abbiamo fatto molto per lei e la sua famiglia. Abbiamo pagato viaggi, aiutato a trovare i letti in ospedale, aiutato con le cure, con la sistemazione della famiglia che abbiamo dovuto convincere affinché venisse ad occuparsi della figlia che stava morendo. E la sua famiglia, mentre la figlia stava morendo, ha tentato di ottenere soldi da noi, ha tentato di approfittarsi della situazione anche dopo la morte. Noi l’aiuto, un grande aiuto, lo abbiamo dato a lei quando aveva bisogno. E ora tentate di infamarci?“. “Che razza di persone siete che tentate di approfittare della morte di un figlio per ottenere denaro?”, conclude Lautaro.

La nota dell’avvocato

È intervenuto anche l’avvocato di Lautaro, Anthony Macchia, con una nota: “Non corrisponde al vero che il sig. Martinez abbia interrotto il rapporto di lavoro domestico allorquando la lavoratrice risultava ‘in punto di morte’ come emerge dalla lettura degli articoli che circolano in rete, atteso che il licenziamento. Le è stato comminato sei mesi prima del decesso”, inoltre la babysitter aveva chiesto “di essere licenziata per poter fruire delle retribuzioni differite e del Tfr in ragione della determinazione di voler fare ritorno nella terra natia, l’Argentina”.