Da due giorni Roberto Mancini non è più il commissario tecnico della Nazionale di calcio. Due giorni in cui l’Italia del pallone si è interrogata sulle motivazioni di questo addio, più incuriosita da questo argomento che dal nome del successore del CT (in questo momento il favorito sembra essere Luciano Spalletti, l’alternativa potrebbe essere costituita dal ritorno di Antonio Conte).
Da giocatore prima e da allenatore poi, Mancini ci ha abituato a colpi a sorpresa, tiri a effetto e scelte tecniche inimmaginabili ai comuni mortali: fuoriclasse in campo e maestro in panchina, domenica Mancini ha deciso di stupirci ancora. Stavolta però la sua scelta ha il sapore dell’autogol, di una beffa che rischia di provocare seri danni – se mai ce ne fosse stato bisogno – alla nostra nazionale di calcio. Tra pochi giorni, infatti, l’Italia detentrice del trofeo dovrà intraprendere il cammino delle qualificazioni ai prossimi campionati europei; tuttavia – con una Pec inviata dalle Cicladi – Mancini ha comunicato al presidente della Figc, Gabriele Gravina, le sue dimissioni da commissario tecnico della nazionale. Un fulmine a ciel sereno che ha squassato il torpore agostano del calcio nazionale e ha sovvertito l’ordine delle notizie, non solo dei quotidiani sportivi.

Dai social per una volta è arrivato poco e nulla: dal suo profilo Instagram, l’ormai ex CT annunciava ai suoi follower, un milione e centomila in tutto, che “le dimissioni da CT della Nazionale sono state una mia scelta personale”. Ringraziamenti di rito al Presidente e ai membri della federazione, per i giocatori e per i tifosi: “Porterò sempre nel cuore la straordinaria vittoria dell’Europeo 2020”, sono le parole con cui si conclude il post. Certamente il trionfo di Londra rappresenta il fiore all’occhiello della gestione Mancini, il coronamento di un percorso fatto di vittorie e partite indimenticabili. Per questo molti pensano che sarebbe stato quello il momento ideale per salutare la curva, con la medaglia d’oro sul petto e l’abbraccio del gemello Luca Vialli come ulteriore, prezioso suggello di un’amicizia eterna e meravigliosa. Così non è stato; pochi mesi più tardi è arrivata invece la cocente e inaspettata delusione per la mancata qualificazione ai mondiali. Di nuovo, in molti hanno immaginato di vedere allora Mancini togliere il disturbo, prima ancora che congedato dalla Figc, un addio praticamente inevitabile. Ma non per Bobby gol, ancora una volta capace di scartare la consuetudine con un dribbling da campione.

Le dimissioni arrivano invece adesso, pochi giorni dopo la decisione della Figc di nominarlo supervisore di tutte le rappresentative azzurre, una promozione senza precedenti nella storia della nostra nazionale. Immediata è partita la ridda di voci e di commenti, la maggior parte dei quali di dura condanna. “Pensavo non fosse vero”, ha commentato Arrigo Sacchi, che pure nel 1997 piantò in asso la Nazionale per tornare al Milan in difficoltà. Da parte dei calciatori, da Chiesa a Zaniolo, invece parole d’affetto. Per alcuni Mancini se ne va perché – nonostante tutto – sarebbe stato privato degli storici collaboratori, sostituiti in gran parte da ex calciatori juventini come Buffon e Barzagli. Altri invece sostengono che la fiamma si fosse spenta dopo la scomparsa di Gianluca Vialli, da quarant’anni fratello acquisito del “Mancio”. C’è chi sostiene poi che anche per il tecnico di Jesi sarebbe stato irresistibile il canto delle sirene d’Arabia: pronto un triennale da venti milioni l’anno per allenare la nazionale saudita. Per chi conosce bene Mancini invece le cause sarebbero da ascrivere a un disagio psicologico dell’allenatore, consapevole di aver perso la capacità di formare una nuova nazionale con un forte spirito di gruppo.

Presto sapremo la verità; magari, ancora una volta, Mancini stupirà tutti. Siamo sicuri che non sarebbe l’ultima.