Editoriali
Lo smartphone fa male solo ai topi, su uomini nessuna evidenza scientifica
Quando si tratta di pericoli occulti le polemiche o, almeno, le discussioni sono inevitabili. E siccome un telefonino portatile, bene o male, lo abbiamo tutti, siamo tutti coinvolti.
È molto tempo che si dibatte sui potenziali pericoli di un ordigno che ci teniamo attaccato alla testa, a pochi centimetri dal cervello, ma stavolta c’è qualcosa di più. Il Tribunale di Torino ha confermato in appello una sentenza che in primo grado aveva disposto il risarcimento per Roberto Romeo, (ex) dipendente della Telecom, costretto a usare il telefonino diverse ore al giorno per molti anni. I giudici hanno infatti ravvisato un “nesso di causalità” (badate bene alle parole usate) tra l’uso intensivo del cellulare e l’insorgenza di un tumore – fortunatamente benigno, ma pur sempre invalidante- al nervo acustico. È davvero possibile? E come?
Le radiazioni emesse dal telefonino sono “onde elettromagnetiche”, ovvero appartengono alla stessa famiglia delle onde che trasportano il segnale della radio e della televisione, della luce del sole e dei raggi ultravioletti, gli UV, che stimolano l’abbronzatura, ma sono dannosi per la pelle, soprattutto alle prime esposizioni. Per capire la questione, partiamo proprio dei raggi Ultravioletti. I raggi Ultravioletti posso provocare tumori alla pelle, ad esempio il melanoma. Si può affermare con certezza, è un dato acquisito dalla letteratura scientifica e la giustificazione chimico-fisica è chiara: I raggi Ultravioletti sono radiazioni “ionizzanti”. In termini elementari significa che sono in grado di spezzare le molecole biologiche di cui sono costituiti i tessuti del corpo, ad esempio la pelle quando siamo al mare… Una cellula così danneggiata in generale muore. Poco male perché ne abbiamo tante altre. Ma a volte sopravvive alla lesione e comincia a riprodursi in modo anomalo e incontrollato, dando origine al tumore.
Le onde dei telefonini, al pari delle onde radio-televisive, sono invece classificate “non ionizzanti”. Non sono in grado di recidere i legami molecolari e quindi non possono originare direttamente tumori. Tuttavia, sono parenti prossime delle microonde dei forni e, pur non avendo la stessa capacità di scaldare le sostanze contenenti o immerse in liquidi acquosi (come è il cervello), qualche effetto di riscaldamento lo provocano. Riscalda oggi, riscalda domani, può essere che cellule particolarmente sensibili, come quelle del sistema nervoso, possano impazzire? Non lo sappiamo ancora con certezza. Per cercare di stabilirlo, si sono condotte statistiche su ampie fasce di popolazione dedite all’uso frequente del cellulare, ma è difficile rintracciare il nesso tra la causa e l’effetto, il “nesso di causalità”, quando gli effetti sono rari o controversi. Vediamo perché.
Che la vita sedentaria e il sovrappeso predispongano alle patologie cardiovascolari, o il fumo a quelle polmonari, risulta così evidente che i soggetti vengono definiti “a rischio”, ma nella maggior parte dei casi non è altrettanto semplice. La patologia osservata potrebbe essere attribuibile a varie cause, o magari essere dovuta a fattori intrinseci, genetici. Ad esempio, c’è chi è allergico a sostanze innocue o ha una predisposizione che amplifica effetti altrimenti molto blandi. La faccenda si complica ulteriormente se il nesso causale non coincide col nesso temporale. Se bevo una bevanda dallo strano sapore, mi sento male, vengo ricoverato e mi riscontrano i sintomi di un avvelenamento, con tutta probabilità la bevanda conteneva una sostanza tossica. Ma se bevo regolarmente acqua che scorre in vecchie condutture e dopo qualche decina di anni ravviso i sintomi di avvelenamento, bisognerà fare delle indagini per capirne l’origine.
Con i telefonini è una cosa analoga a questo secondo caso. Se fossero molto nocivi, saremmo tutti morti. Invece non lo siamo e, tranne in rari casi, non abbiamo neanche particolari problemi al nervo acustico. Come mai? Perché telefoniamo poco? Perché il nostro modello di telefonino è meno dannoso di quello del signor Romeo? Perché usiamo gli auricolari? Molto difficile a dirsi.
Esperimenti in condizioni controllate e riproducibili sono stati condotti su cavie di laboratorio. Le cavie venivano esposte a onde analoghe a quelle dei telefonini, ma più intense, per molte ore al giorno, fin dalla nascita. In effetti, sono state osservate patologie anche serie, però in condizioni troppo diverse da quelle di comuni telefonate per poter trarre conclusioni definitive: Gutta cavat lapidem ma, a meno che non si tratti della tortura cinese, nessuno ha mai riportato danni essendo stato colpito da qualche goccia!
E quindi torniamo alla sentenza. I giudici si sono pronunciati in favore del risarcimento perché hanno accolto la tesi della difesa. Gli avvocati si sono infatti appellati al principio per cui, pur non potendo essere certi che il tumore si potesse attribuire all’uso smodato del cellulare, tuttavia era più probabile che fosse quella la causa, piuttosto che no… Una conclusione di tipo statistico, quindi, che continuerà probabilmente ad alimentare a lungo discussioni sulla reale pericolosità dei cellulari. Ma una cosa è certa. Usare il vivavoce o gli auricolari costa poco e ci mette al riparo da eventuali spiacevoli sorprese.
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