Ci sono due nomi in cima alla lista. Nelle indagini sulla morte di Alex Maragon, il barman di 25 anni scomparso dopo aver partecipato al raduno sciamanico all’abbazia Santa Bona di Vidor lo scorso 30 giugno e ritrovato senza vita in un isolotto del Piave a Crocetta del Montello dopo due giorni di ricerche, ha altre radici. Dopo l’autopsia che non ha mostrato segni di annegamento e che ha fornito nuove indicazioni smentendo in un primo momento che l’ipotesi allucinogena della liana dei morti, l’ayahuasca, fosse risultata fatale, è stato aperto un nuovo fascicolo a titolo di omicidio e ora sono due ‘curanderi’ sudamericani, Johnny Benavides e un altro uomo di cui non è stato reso noto il nome, ad essere ricercati. Sono spariti nel nulla e, secondo gli inquirenti, potrebbero essere i testimoni chiave nell’inchiesta sulla morte di Alex Marangon. Avrebbero cercato di inseguirlo la notte del 29 giugno, probabilmente mentre era in preda a una crisi. Si trovavano all’esterno dell’abbazia e forse cercavano di calmarlo. Questo, almeno, è quanto avrebbero raccontato i cinque partecipanti alla festa sciamanica interrogati di recente. Per la famiglia il giovane è stato ucciso perché “a quella festa a un certo punto è successo qualcosa di grave e lui voleva andarsene”. Un omicidio forse, per coprirne un altro.

Alex Marangon, il pestaggio con bastoni e pietre

A far propendere gli inquirenti per l’omicidio è poi proprio quella profonda ferita alla testa dopo un pestaggio, la cui durata – contrariamente a quanto riferito da alcuni organi di stampa nelle scorse ore, non è determinabile -. “Quel tipo di trauma così importante, con la frattura del cranio – a detta del procuratore di Treviso Marco Martani – di solito viene riscontrata negli incidenti stradali. Serve infatti una violenza notevole per provocarla, è non è sufficiente una caduta”. Un altro dettaglio: prendendo per buona l’ipotesi che Alex Marangon sia volato dalla piattaforma dell’abbazia Santa Bona di Vidor e che la ferita alla testa se la sia provocata sbattendo contro un masso del fiume, non si spiegherebbero le altre ferite nella parte destra e posteriore del corpo.

Il consumo del decotto, una droga, considerata illegale dopo una sentenza del Tar del Lazio nel 2023, che a tutti gli effetti provoca potenti reazioni psichedeliche e realizzata con piante della foresta amazzonica e la cui assunzione di solito avviene in ambienti bui, assieme a tribali che guidano le visioni e proteggono lo spazio spirituale dei partecipanti, non ha mai messo in pericolo il ragazzo. È stata l’autopsia ad analizzare la rottura delle costole, soprattutto sul lato sinistro del corpo, compatibili con dei colpi di bastone o pietra. Offensive sferrate mentre era ancora in vita. L’analisi ha permesso di accertare un’asfissia terminale da annegamento, ma in un soggetto che presentava già plurime ferite vitali con traumi alla struttura cranica e un emotorace. Ma anche lesioni multiple alla testa (una, la più importante, all’altezza della tempia sinistra che gli ha sfondato il cranio, ndr), fratture alle costole, lesioni agli arti inferiori, compresa un’emorragia interna polmonare con una perdita di sangue di 700 cc.  

Alex Marangon, proseguono gli interrogatori

La ricostruzione dell’ultima notte di Alex è ora finalizzata a cercare di scoprire cosa sia successo nel buco di tre ore della notte, quando dopo aver raggiunto l’Abbazia di Santa Bona, per prendere parte assieme ad altre persone al rito spirituale (anche se non era tra gli invitati ufficiali) è stato visto allontanarsi dal luogo di culto alle 2:30. Da ambienti vicini alla famiglia era emerso che Alex avesse già partecipato a due incontri del rituale ma che era preoccupato in vista del terzo (il suo ultimo). Per cercare di costruire i passaggi di quella sera, ora gli inquirenti continueranno ad ascoltare i partecipanti alla festa. Alcuni sono stati già sentiti, altri rilasceranno dichiarazioni nei prossimi giorni. “Bisogna parlare, secondo me hanno paura, si mettano una mano sul cuore, affinché veramente venga fuori tutto e dicano qualcosa perché non può finire così la faccenda”, è stato l’appello della madre Sabrina Bosser, al  Tg1. Oggi è stata invece la stessa famiglia a chiedere un momento di rispetto e comprensione, “sia per la difficolta emotiva che caratterizza questo doloroso momento che per rispetto del segreto istruttorio che caratterizza queste delicatissime fasi di indagine” a voce degli avvocati Nicodemo Gentile, Piero Coluccio e Stefano Tigani”.

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