Dovevano essere le elezioni della possibile svolta in Ungheria, o quantomeno quelle con un risultato in bilico, si sono rivelate invece l’ennesimo trionfo per Viktor Orbán. Il primo ministro e leader di partito Fidesz, in carica dal 2010, ha stravinto ancora una volta alle urne domenica 3 aprile ottenendo il quinto mandato, il quarto consecutivo.

A scrutinio praticamente completo Fidesz ha ottenuto il 53% dei voti di lista, che a causa del complesso sistema elettorale ungherese permetterà ad Orbán di ottenere il 68% dei seggi nella Országgyűlés, la camera unica del Parlamento (106 seggi sono assegnati col maggioritario secco e 93 in via proporzionale). Il premier uscente conferma una maggioranza schiacciante di 135 seggi su 199.

Nulla da fare dunque per Péter Márki-Zay, economista e sindaco della piccola città di Hódmezővásárhely, il primo ‘vero sfidante’ del premier populista e conservatore dal 2006 ad oggi, sostenuto praticamente da tutte le forze di opposizione, dalla destra populista agli ecologisti, fino alla sinistra. Per il fronte di opposizione il risultato è stato un deludente 35 per cento.

I sondaggi davano Fidesz avanti, anche se di poco: secondo l’aggregatore di sondaggi di Politico, nell’ultimo mese la distanza fra Fidesz e il cartello dei partiti di opposizione che sostiene Márki-Zay era di circa cinque punti.

Commentando e festeggiando in serata il risultato elettorale, nel suo discorso Orbán si è scagliato contro quelli che ha sempre considerato i suoi nemici, ovvero “i burocrati di Bruxelles”, la “sinistra internazionale” e il miliardario e filantropo ungherese George Soros, al centro di innumerevoli teorie del complotto.

Orbán è il leader europeo più vicino a Vladimir Putin, un modello politico per il leader ungherese. Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina Orbán si è trovato così in una posizione scomoda, tanto da rompere col gruppo di Visegrad, l’alleanza politica tra la stessa Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.

Orbán ha sostenuto le sanzioni europee contro Mosca, ma allo stesso tempo non ha mai condannato esplicitamente il comportamento di Putin, impedendo inizialmente alla Nato il passaggio di truppe e armamenti verso l’Ucraina.

Dall’Italia sono arrivati i complimenti dei due leader della destra populista che da tempo si sono mostrati più vicini a Orbán, ovvero Matteo Salvini e Giorgia Meloni. “Bravo Viktor! Da solo contro tutti, attaccato dai sinistri fanatici del pensiero unico, minacciato da chi vorrebbe cancellare le radici giudaico-cristiane dell’Europa, denigrato da chi vorrebbe sradicare i valori legati a famiglia, sicurezza, merito, sviluppo, solidarietà, sovranità e libertà, hai vinto anche stavolta grazie a quello che manca agli altri: l’amore e il consenso della gente. Forza Viktor, onore al libero Popolo ungherese”, è il messaggio di Salvini.

Congratulazioni a Viktor Orbán per la straordinaria vittoria. Per batterlo non è bastata nemmeno un’accozzaglia elettorale che ha tenuto insieme tutta la sinistra e l’estrema destra (per l’occasione stranamente considerata presentabile)“, sono invece le dichiarazioni della Meloni.

Per anni lo hanno attaccato per le sue politiche a difesa dei confini e della famiglia, ma nessuno lo ha ringraziato nelle ultime settimane per aver accolto centinaia di migliaia di profughi ucraini – ricorda Meloni – . L’Ungheria è membro della Nato e dell’Ue e sta rispettando gli altri impegni assunti. È interesse dell’Europa riappassionare gli ungheresi alla causa comune e chiudere spazi alle ingerenze di Russia e Cina, ma per farlo Bruxelles deve innanzitutto rispettare la loro volontà. Che oggi, ancora una volta, ha parlato chiaro“.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia