Nuove tecnologie
Partire dalla contrattazione per favorire l’entrate delle nuove tecnologie nella PA
L’Intelligenza artificiale non è solo una tecnologia: è uno specchio delle nostre scelte organizzative, della qualità delle decisioni pubbliche e della cultura del lavoro che vogliamo promuovere. L’obiettivo non può essere quello di piegare la PA al funzionamento degli algoritmi, ma deve essere quello di costruire un’amministrazione in grado di governarli e utilizzarli responsabilmente per migliorare servizi e condizioni di lavoro.
Per lavorare con l’IA, quindi, la PA deve coltivare il proprio capitale umano, investendo su percorsi formativi che rafforzino le competenze trasversali e la capacità di pensare autonomamente. I lavoratori pubblici chiedono riconoscimento, strumenti e percorsi di carriera e tutto questo chiama in causa la classe dirigente. In troppe amministrazioni sopravvive una cultura manageriale formalistica che ostacola la transizione verso modelli più flessibili. L’idea di istituire un “Responsabile IA” in ogni amministrazione rischia di essere inefficace senza una riforma più profonda delle strutture organizzative. Senza un vero ridisegno delle responsabilità e dei modelli decisionali si rischia di moltiplicare le figure senza trasformare davvero la macchina pubblica.
La transizione digitale sarà efficace solo se passerà attraverso la contrattazione collettiva. È in quella sede che si possono definire i principi e le tutele necessarie per accompagnare l’introduzione dell’IA nella PA, superare modelli organizzativi vetusti e costruire ambienti di lavoro capaci di attrarre giovani e trattenere competenze. Nel rinnovo dei contratti pubblici 2025-2027 sarà fondamentale inserire clausole chiare: formazione continua, riconversione delle professionalità, superamento degli ordinamenti rigidi, valorizzazione dei profili tecnici oggi trascurati. Un dato inaccettabile: la PA spende appena 48 euro l’anno per la formazione di ciascun dipendente, segno di una vera e propria assenza di strategia. La formazione, invece, deve diventare un processo continuo, interdisciplinare, integrato nei ritmi dell’organizzazione, per cui serve una mappatura sistematica delle competenze e soprattutto una loro certificazione, per valorizzare i talenti nascosti.
Nessuna trasformazione sarà efficace senza affrontare l’interoperabilità tra banche dati. Il principio del “once only” resta spesso una chimera per cause culturali e organizzative: gelosie istituzionali, logiche a silos. Serve un coordinamento centrale capace di superare frammentazioni, perché la qualità dei dati è il presupposto per qualsiasi applicazione avanzata di IA. Nei prossimi tre anni, due ambiti possono trarre beneficio immediato: la semplificazione amministrativa e l’analisi predittiva dei bisogni. Ma nulla si farà senza una visione strategica condivisa tra Governo e parti sociali. La sfida dell’Intelligenza artificiale è troppo importante per lasciarla a pochi. È una sfida che riguarda tutti e che può essere vinta solo insieme.
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