L’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione è oggi una tecnologia piuttosto integrata sia per la gran parte dei dipendenti del settore che per gli utenti, cioè i cittadini. Secondo una ricerca FPA Data Insight su rielaborazione Bigda, infatti, su circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani, 1,85 milioni (cioè il 57%) è altamente coinvolto dall’introduzione di sistemi di Intelligenza Artificiale. Di questi, l’80% vive una situazione di complementarietà con tale tecnologia, mentre il 12% è a rischio di sostituzione tecnologica, circa 218 mila lavoratori.

Di quali mansioni si tratta? Secondo Marco Carlomagno, segretario generale di FLP “le mansioni più ripetitive della PA non sopravviveranno all’avvento dell’IA, ma questo non è un male e non significa necessariamente che i dipendenti che svolgono questo tipo di mansioni perderanno il proprio posto di lavoro. C’è bisogno però di interventi urgenti di aggiornamento professionale (upskilling e reskilling) per prevenire l’obsolescenza delle competenze e garantire così continuità occupazionale. È necessaria una nuova formazione perché per una serie di mansioni che vanno scomparendo, ce ne sono altre che si vanno creando: penso ad esempio a quelle relative ai social media manager e ai digital media manager. Non dobbiamo andarli a cercare fuori dalla PA, ma dobbiamo trovarli dentro e formarli. È la formazione la chiave per non paralizzare la PA”.

Ma se questo è lo sguardo all’interno delle strutture della PA, l’analisi Bigda mostra anche il sentiment degli utenti, grazie al monitoraggio di 20.000 menzioni online tra social media, forum, blog e news raccolte negli ultimi 12 mesi. Da questo, emerge che quasi il 50% delle menzioni restituisce una percezione positiva e ottimista dell’IA nella PA, giudicando questa tecnologia come strumento di semplificazione, supporto e modernizzazione. Secondo Carlomagno, “come sindacato abbiamo dato un esempio di come l’IA possa essere utilizzata a supporto della persona, per migliorare la vita dei lavoratori e la percezione da parte del cittadino, delle imprese e delle famiglie rispetto a una PA che deve essere proattiva e al servizio delle persone. Non più una casta o un feudo che non risolve i problemi dei cittadini”.

E se per un 50% degli utenti il sentiment è positivo, l’analisi mostra un 35% con sentiment neutro, evidenziando utenti curiosi ma cauti, spesso in attesa di risultati tangibili e un 20% di sentiment negativo con utenti preoccupati su privacy, sicurezza e impatto occupazionale. Per capire le direttrici di questi diversi umori, si devono analizzare i vari cluster. Infatti, se su questioni come automazione e semplificazione dei processi – con chatbot, assistenti virtuali ma anche user experience e accessibilità ai servizi – il sentiment degli utenti che ne ha parlato è per lo più positivo – 60% nel primo caso e 50% nell’altro – è sulla questione della privacy e sicurezza dei dati, che invece, troviamo un umore più negativo: il 50% di chi ne ha di chi ha commentato sul tema pensa ci sia un rischio reale di sorveglianza, abuso delle informazioni e violazione della privacy. Sull’impatto rispetto a occupazione e mercato del lavoro, invece, c’è omogeneità tra chi pensa che l’IA possa valorizzare il lavoro e chi pensa, invece, che possa contribuire a far perdere posti.

Alessia Petrelluzzi

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