Esteri
Piano Mattei, non solo una questione di denaro: nella seconda Relazione poca attenzione a servizi di base e diritti
Ai primi di luglio è stata inoltrata al Parlamento la seconda Relazione sull’attuazione del Piano Mattei con i Paesi africani, a cura della Presidenza del Consiglio. In una ventina di pagine il Rapporto fa stato delle molteplici attività messe in campo finora dal Governo nel quadro del citato Piano strategico, lanciato nel gennaio 2024 in occasione del primo Summit Italia-Africa.
Si tratta di un documento pubblico, consultabile su Internet (documenti.camera.it), e la sua lettura ha già dato vita a commenti favorevoli e a qualche considerazione critica. È superfluo ribadire che il Piano Mattei è forse il primo tentativo di varare una programmazione organica e ad ampio spettro degli interventi governativi in direzione dell’Africa, e come tale merita un pieno riconoscimento. È però migliorabile su alcuni aspetti non irrilevanti. Innanzitutto, anche a seguito della lettura del nuovo documento di sintesi, esso appare come un Programma essenzialmente economico-finanziario, in cui Palazzo Chigi, la Cooperazione, Cassa Depositi e Prestiti, e il cosiddetto Sistema Italia, nel suo complesso, individuano e finanziano – in collaborazione paritaria con le Autorità africane – progetti concreti in alcuni Paesi (principalmente nelle energie rinnovabili e nell’agro-industria, ma non solo).
Nessun limite
Il prevalente taglio economico-finanziario non dà tuttavia un carattere distintivo allo sforzo italiano, il quale invece è tradizionalmente, fin dal periodo della decolonizzazione, molto più articolato, profondo e diffuso sul Continente, e soprattutto non limitato a 14 Paesi prioritari, come il Piano Mattei. Questo, per quanto sicuramente apprezzato dai nostri interlocutori africani, è difficile da distinguere rispetto agli innumerevoli progetti economici finanziati da altri attori, come i Paesi del Golfo, la Turchia, la Cina, la Russia, il Giappone, l’India e via seguitando. Anzi, potrebbe differenziarsi per il fatto che le risorse disponibili (5 miliardi e mezzo di euro in circa 4 anni) sono inferiori a quelle degli altri, sebbene in crescita rispetto al passato.
Il carattere distintivo
In sostanza, non è il denaro il carattere distintivo di una efficace cooperazione in Africa, come rilevato dalla stessa ex Premio Nobel 2019 per l’Economia, Esther Duflo, in una recente intervista per la rivista Jeune Afrique: “In fondo, l’aiuto finanziario allo sviluppo non è mai stato decisivo per i Paesi africani – afferma la Duflo – poiché la più gran parte delle risorse spese in Africa proviene dagli introiti fiscali (e dalle rimesse delle diaspore, ndr); il sostegno pubblico esterno ha rivestito più che altro un valore simbolico o politico”. Anche se può sembrare oggi un approccio totalmente demodé, ciò che ha contribuito in maniera decisiva alla crescita africana negli ultimi decenni è stato l’intervento, pubblico e privato, nei servizi di base per le comunità prive di tutto, e l’attenzione sulla tutela dei diritti umani e del buon governo, che ha consentito l’aggiornamento delle Amministrazioni pubbliche, e l’abbandono graduale, anche se non completo, delle prassi basate sull’arbitrio degli autocrati, e sull’ampio ricorso alla corruzione.
Purtroppo, come già messo in evidenza su queste pagine, la “governance” non fa parte delle priorità tematiche del Piano Mattei, che preferisce settori specifici di intervento economico, come se il Continente non presentasse ancora gravi carenze di applicazione dello Stato di diritto, di coesistenza fra le comunità, di efficacia dell’azione dei corpi intermedi, di rispetto delle opposizioni politiche, di libertà di stampa e di opinione, di divisione dei poteri, di tenuta delle istituzioni, cioè tutto quello che costituisce la maturità politica di un Paese. Lodevole quindi l’iniziativa inclusa nel Piano Mattei, anche se solitaria, della Scuola Nazionale di Amministrazione rivolta a formare presso la Reggia di Caserta alti dirigenti delle Amministrazioni africane di alcuni Paesi selezionati.
Il difetto di fabbrica del Piano Mattei è di considerare l’Africa un campo neutro e non problematico per la realizzazione di programmi concreti nei settori trainanti; la storia recente, coi frequenti colpi di Stato, le guerre civili, le tensioni fra Stati del Continente, le rivolte popolari per la carenza di democrazia, sta a dimostrare esattamente il contrario. Senza crescita politica e giuridica, da condurre ovviamente insieme agli Stati africani, il rischio per questi ultimi è di non trarre giovamento né dai finanziamenti del Piano Mattei, né di tutti gli altri simili programmi varati dai diversi attori internazionali.
In breve, ecco gli ulteriori aspetti migliorabili del Piano: una maggiore trasparenza sull’accesso degli operatori alle risorse (le procedure attuali sono criptiche, e riservate a pochi gruppi industriali e ONG); una chiarezza nell’intreccio quasi inestricabile di finanziamenti e Fondi nazionali e multilaterali, collegati direttamente o indirettamente al Piano Mattei; un maggiore richiamo alla blue economy, e all’emergenza del cambiamento climatico, in tutti i suoi drammatici risvolti. Necessaria anche una più accurata analisi dei progetti provenienti dal mondo accademico e della cultura, che non faccia solo riferimento alle iniziative governative, ma valorizzi tutto ciò che le Università e i suoi docenti e studenti, mettono a disposizione dell’Africa (nel Rapporto mancano esempi molto rilevanti, come il Programma African Innovation Leadership del Politecnico di Milano e della Fondazione E4Impact, in sinergia con il Ministero degli Esteri). Inoltre un ampliamento progressivo dei Paesi beneficiari del Piano, conferendo una speciale priorità a quelli che si sforzano di mantenere assetti costituzionali e democratici, e non applichino una sistematica propaganda anti-occidentale e filo-russa.
Infine sarebbe forse opportuno non utilizzare sempre il termine Nazione per le realtà statuali del Continente, come avviene ripetutamente nella Relazione, perché sono piuttosto rari i casi in cui in effetti esiste uno spirito nazionale condiviso ed una identità comune e solidale fra i popoli facenti parte dei confini (quasi sempre artificiali) degli Stati dell’Africa. Il Sudan, la Nigeria, l’Etiopia, la Repubblica Democratica del Congo, il Mali e la Repubblica Centrafricana, coi loro gravi conflitti interni, ne sono un esempio di particolare attualità.
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