Le bozze della Legge di Bilancio circolate fino a questo momento dimostrano una preoccupante assenza di attenzione sui temi relativi alla politica industriale del nostro Paese. Tale circostanza, invero difficilmente comprensibile tenendo conto della tradizione italiana e del peso che ancora oggi il sistema manifatturiero ha sul prodotto interno lordo, è però ben in linea con una serie di errori e di disattenzioni che hanno caratterizzato il periodo più recente. Provo a citarne alcuni.

La produzione di automobili in calo

La produzione di automobili in Italia è crollata in pochi decenni da quasi due milioni a 473.000 autovetture. Il numero di autovetture prodotte da Stellantis in Francia è largamente superiore rispetto a quelle che escono dagli stabilimenti italiani. Sono evidenti le conseguenze sull’indotto e sugli altri servizi collegati alla produzione di automobili, in primis la Ricerca & Sviluppo. Qualche mese fa il ministro Urso ha lanciato un allarme, sollecitando l’incremento della produzione ad un milione di vetture l’anno, ma l’allarme sembra essere caduto nel vuoto, né sembra aver portato ad azioni concrete consequenziali…

Stop alla benzina e al diesel

Nel frattempo l’Unione Europea è ferma nella sua decisione per cui dal 2035 non si potranno più vendere nuove auto con motori benzina o diesel, fatta eccezione per quelli che verranno alimentati con e-fuel, come proposto dalla Germania. Nessuno spazio invece per i biocarburanti, su cui spingeva l’Italia. Questa scelta ha un effetto minimo sul fronte delle emissioni nocive a livello globale, se non sarà accompagnata da analoghe ed al momento assolutamente imprevedibili decisioni da parte degli altri player su scala mondiale. Di converso, essa indebolisce fortemente l’industria meccanica europea ed italiana (sia direttamente che indirettamente, attraverso il sistema delle sub-forniture), a favore del sistema cinese, da anni nettamente avanti sul fronte della motorizzazione elettrica.

Maserati vende il suo stabilimento

Non mi sembra che su questi aspetti il dibattito in Italia stia registrando una attenzione particolare…
Il quadro assume tinte ancora più fosche considerando un ulteriore elemento, apparentemente di minor rilievo: è di pochissimi giorni fa la notizia della vendita online su un sito di annunci immobiliari (sic!) dello stabilimento Maserati di Grugliasco. Si tratta di uno stabilimento fortemente voluto da Marchionne, che immaginava una strategia di sviluppo della Fiat basato, da una parte sulla globalizzazione della produzione con particolare riferimento ai modelli di minori dimensioni, dall’altra sulla valorizzazione dei brand di lusso (Ferrari, Maserati). Quali sono le intenzioni di Stellantis in tal senso? Che futuro ha la produzione di automobili di prestigio in Italia, settore tradizionalmente di punta e con importanti investimenti anche sulla ricerca e sviluppo? Come pensa di intervenire il nostro Governo?

Sono solo alcuni aspetti, l’elenco potrebbe essere molto più lungo, che denotano la mancanza di una visione e di una strategia di politica industriale a livello nazionale.

Un nuovo modello

Ma allargando l’orizzonte, non è chiaro intravedere quale sia la strategia per lo sviluppo di ampie parti del Sud Italia e della Sicilia in particolare in cui si assiste da anni ad un inesorabile processo di desertificazione industriale, ormai dilagante. Possiamo rassegnarci ad un futuro fatto soltanto di B&B e di turismo di basso valore aggiunto? Possiamo continuare ad accettare l’emigrazione intellettuale di generazioni di giovani e brillanti laureati meridionali?

Eppure la pandemia ci ha insegnato che in molti settori (informatica, consulenza gestionale, giusto per citarne un paio) è possibile ricorrere allo smart working con ottimi risultati e quindi delocalizzare al Sud reparti e laboratori di R&S, in collaborazione con gli Istituti di Ricerca locali e valorizzando le competenze e l’entusiasmo dei giovani meridionali più preparati. Un modello di questo tipo fu già sviluppato in Francia verso la fine degli anni ’60 quando le aziende furono incentivate ad allocare in Provenza e nelle regioni vicine i loro laboratori di Ricerca. Perché non immaginare una strategia simile? Perché non pensare che il futuro del nostro meridione possa essere: non solo B&B, ma anche R&S?

Fabrizio Micari

Autore

Già rettore dell'Università di Palermo