Correva l’anno 2019, al dicastero delle Infrastrutture c’era Paola De Micheli e ricopriva il ruolo di Capo della Struttura tecnica di missione il professor Giuseppe Catalano che – con una determina (un atto utile per attività di routine nell’organizzazione degli uffici) – nominava una Commissione che aveva l’obiettivo di verificare la validità di varie soluzioni legate all’attraversamento stabile dello Stretto di Messina. Sempre nel 2019 ebbi modo di ricordare che era davvero strano che la nomina di una Commissione così importante, con un mandato così rilevante, non fosse stata varata con un decreto del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri o, addirittura, con il supporto di un apposito ordine del giorno del Parlamento. Ma la mia denuncia fu completamente ignorata.

Il ruolo della NATO

Poi cominciarono i lavori della Commissione, e vennero prese in considerazione le varie soluzioni, in particolare quella interrata. In merito alle tre campate, ricordai che proprio la Nato – nella fase progettuale dell’opera – aveva ricordato che l’opzione con la campata centrale non poteva in nessun modo essere condivisa, in quanto molto rischiosa per il numero di navi in transito attraverso lo Stretto, con il rischio di una possibile collisione e un potenziale blocco per un lungo periodo del transito anche di navi militari. Sempre durante i lavori ebbi modo di ricordare quanto dichiarato dal professor Giulio Ballio, ex rettore del Politecnico di Milano e presidente del Comitato scientifico che lavorò assiduamente per vagliare il progetto vincitore del Ponte. Ballio ribadì che non era possibile realizzare una pila centrale perché la Nato, riconoscendo un ruolo strategico dell’opera, aveva al tempo stesso sollevato problemi di non fluidità al transito.

La richiesta di Meloni e Salvini

Oggi leggiamo che il governo ha assunto una decisione in cui si ribadisce: “Il Ponte è un’opera militare strategica nell’ottica della Difesa europea e della Nato, fondamentale nel caso di scenari di guerra per il passaggio di truppe e mezzi e per questo l’opera è prevalente per l’interesse pubblico”. Meloni e Salvini chiedono in realtà a von der Leyen di inserire l’opera nel “Military mobility action plan”, il Piano di Difesa approvato dalla Commissione lo scorso anno. Il Ponte – precisa sempre la nota dell’esecutivo – si inserirebbe perfettamente in questa strategia, fornendo un’infrastruttura chiave per il trasferimento delle forze Nato dal Nord Europa verso il Mediterraneo.

Il ruolo di Crosetto

In fondo, queste giuste precisazioni del governo confermano che la Nato aveva seguito l’iter progettuale dell’opera sin dall’inizio e che le mie denunce e quelle del Comitato scientifico avevano confermato non solo la funzione dell’opera, ma anche l’obbligata esigenza della continuità territoriale. Sembrano anche fuori luogo gli attacchi delle opposizioni, secondo cui le decisioni vorrebbero da un lato superare i vincoli ambientali e dall’altro inserire le risorse per il Ponte all’interno degli investimenti per la Difesa. Penso che questa precisazione del governo preoccupi coloro che parteciparono ai lavori della Commissione prodotta da una determina del Capo della Struttura tecnica di missione e non tennero conto di un simile approfondimento; gli ex titolari del Mit che non considerarono una simile precisazione; l’ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta che mai sollevò questa precisa finalità dell’opera. Penso che nelle competenze strategiche del governo, oltre al ministro Salvini, debba trovare un adeguato ruolo l’attuale titolare della Difesa Crosetto. Dovrebbe ricoprire un compito chiave proprio un dicastero che svolge in questa fase, e svolgerà in futuro, un ruolo determinante nella gestione dell’intera opera.

Ercole Incalza

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