Il caso a Melito
Professore ucciso a scuola, risolto il giallo: ora resta da affrontare il degrado delle periferie
L’omicidio del professor Marcello Toscano, l’insegnante di sostegno ucciso a coltellate nel cortile di una scuola a Melito, potrebbe essere un caso risolto, almeno dal punto di vista investigativo. C’è un sospettato, è il bidello della scuola che al momento, però, non ha confessato. Vale per lui la presunzione di innocenza, in attesa dei risultati delle indagini sulle tracce di sangue trovate sui gradini di un magazzino che in passato è stato la casa dell’ex custode e sui vestiti del collaboratore scolastico ora in stato di fermo per omicidio.
A carico dell’indagato la Procura ritiene che vi siano gravi indizi di colpevolezza e dopo un lungo interrogatorio, cominciato la scorsa sera presso la caserma dei carabinieri di Marano, si è proceduto al fermo del sospettato, anche per evitare che ieri mattina potesse recarsi a lavoro nella scuola dove si presume sia avvenuto il delitto, e dove è stato trovato il corpo senza vita della vittima. La storia di questo delitto, però, si porta dietro uno scenario allarmante di degrado e di abbandono da parte dello Stato: adesso quindi da risolvere c’è questo caso, sicuramente più complicato, con origini che risalgono ad anni e anni di istituzioni poco attente, scarsi investimenti, disinteresse per i problemi della periferia.
Subito dopo la scoperta del corpo del professore insanguinato e abbandonato nell’aiuola del cortile della scuola, il sindaco di Melito, Luciano Mottola, aveva lanciato un grido di dolore: «Siamo abbandonati dallo Stato», denunciando le gravi criticità finanziarie del Comune, la mancanza di risorse per la sicurezza, la difficoltà a far fronte alle esigenze dei cittadini e della comunità. Melito è nell’hinterland a nord di Napoli, una delle province più vaste di Napoli ma anche più martoriata da anni di assenza di istituzioni, da mancate politiche sociali, da cemento selvaggio, delinquenza diffusa. «Serve il ripristino della legalità in questi territori del Napoletano», ha ribadito ieri il procuratore di Napoli nord, Maria Antonietta Troncone, prendendo parte alla messa in occasione della ricorrenza di San Michele Arcangelo e sottolineando la necessità non solo di più sicurezza e più presidi di forze dell’ordine ma anche, e aggiungiamo noi soprattutto, di una «rinascita sociale».
«Le istituzioni scolastiche, vilipese da questo episodio, devono avere un ruolo centrale. Le famiglie – ha detto il procuratore – sono state profondamente oltraggiate dalla circostanza che i loro figli si siano trovati in una situazione così penosa». È penoso, riteniamo, anche vivere in quartieri dove c’è degrado e abbandono, dove i servizi al cittadino sono mortificati da inefficienze, dove si è ai limiti della vivibilità, e a volte anche di sotto della soglia di vivibilità, dove l’emergenza è la quotidianità. «Chiedo maggiore attenzione a questi territori – ha concluso la Troncone – e devo dire che anche gli uffici giudiziari di Napoli nord operano in una situazione di estrema criticità con un forte ridimensionamento che rende difficile, malgrado gli enormi sforzi, dare una risposta adeguata alla complessità di questi territori».
Un omicidio nel cortile di una scuola secondaria, frequentata quindi da ragazzi dai dodici ai quattordici anni di età è stata una notizia che ha sconvolto tutti. Il movente del delitto sembra essere di natura economica, forse legato a un prestito. Le indagini stanno chiarendo questo e altri dettagli. Intanto resta nei cittadini un senso di amarezza, di insicurezza, di solitudine rispetto alle istituzioni, di degrado urbano e sociale. «Io e la mia famiglia ci dissociamo da quello che è accaduto», ha detto la figlia del collaboratore scolastico indagato per omicidio. «Non posso fare altro che vergognarmi e chiedere umilmente scusa a tutti i parenti – Sono veramente mortificata e umiliata».
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