Letture
Lo scaffale
Provare a ricomporre politica e cultura, Ocone ripropone alcune figure centrali del pensiero italiano del Novecento
Ricognizione sulle idee di Croce, Gentile, De Ruggiero, Gobetti e Chiaromonte
Ricercare i nessi tra politica e cultura, specie in una fase come questa, in cui l’una e l’altra paiono più asfittiche che nel passato, è la molla che deve aver guidato Corrado Ocone, intellettuale di vaglia, a riprendere alcuni suoi scritti in questo volume (“Politica e cultura. Percorsi di pensiero nell’Italia del Novecento”, Edizioni Società Aperta).
«Se le idee elaborate dalla cultura politica italiana del Novecento non sono spesso più riproponibili, non è detto che quella tradizione non contenga elementi che possano ancora essere riattualizzati o che, semplicemente, possano farci muovere, con la consapevolezza di ieri, in modo meno sprovveduto nel mondo di oggi», scrive nella prefazione. E dunque questi scritti vanno letti, o riletti, perché vanno al cuore del pensiero di alcuni dei massimi pensatori italiani del secolo scorso, con anche alcune brillanti investigazioni su personaggi ritenuti ingiustamente minori come Nicola Chiaromonte, grande intellettuale liberale e anticomunista, di cui qui accortamente si evidenzia un “esistenzialismo” sui generis che ne fa abbastanza un unicum nel panorama italiano.
Ma certo è Benedetto Croce a occupare il maggior spazio. Il suo pensiero è da Ocone spiegato molto bene anche nelle premesse filosofiche («La schietta e seria filosofia non piange e non ride, ma attende a indagare le forme dell’essere, l’operare dello spirito») fino a quella sorta di disillusione dell’ultimo periodo, quando «il prorompere dei movimenti irrazionalistici nella vita sociale e la nascita di correnti letterarie come il Decadentismo e il Simbolismo erano sì il segnale più evidente che qualcosa si era rotto, ma la sua convinzione fu che, rinserrando le fila e concentrandosi sull’essenziale, qualcosa di molto importante del “mondo di ieri” potesse essere salvato».
Più difficile la ricognizione sul pensiero di Giovanni Gentile, l’“anti-Croce” che – com’è noto – intrattenne col filosofo napoletano uno scambio ultradecennale, e che rappresentò uno dei punti alti della riflessione filosofica alla ricerca di una sintesi superiore rispetto all’hegelismo classico che aveva informato la filosofia italiana: di qui, come si sa, «Gentile trovò nel fascismo la sintesi pratica e morale di questa più alta esigenza di vita che scaturiva dalla sua filosofia. E non fu un caso che lo interpretò come un momento e una continuazione del Risorgimento nazionale (…) Il fascismo andò delineandosi in Gentile come quel movimento storico e quella dottrina filosofico-politica che si sarebbero fatti carico dell’immane compito che il Risorgimento lasciava aperto: l’educazione civile e morale degli italiani. Un’educazione che doveva essere totale, e cioè impegnare il sentimento e la volontà non meno che il pensiero».
Quindi, l’altro lato del liberalismo, quello di impronta più illuminista, dunque democratica. E qui i nomi sono quelli di Guido De Ruggiero, di Piero Gobetti, di Norberto Bobbio, intellettuali diversi ma accomunati da una convergente ricerca di un punto di incontro tra l’ansia liberale dei diritti dell’individuo e la cornice democratica che li potesse inverare, sempre ben lontani – almeno De Ruggiero e Bobbio – dall’idea e soprattutto dalla prassi comuniste. «Se quello di De Ruggiero è stato sempre, da un punto di vista speculativo, un pensiero inquieto o irrequieto, da un punto di vista pratico esso si è mosso, sia nelle diverse fasi idealistiche sia in quest’ultima illuministica, in un orizzonte che potremmo definire democratico-liberale. Il che lo ha portato sia a dare un’interpretazione progressiva del liberalismo, sia a evitare ogni commistione di esso con le forze del socialismo in tutte le loro declinazioni», sintetizza Ocone.
Tutto questo rimanda ovviamente al punto di partenza: in che misura la politica di oggi si nutre, o comunque ha a che fare, con quei punti alti della speculazione filosofica? Poco o nulla, viene da dire. Molte cose sono inevitabilmente superate: non certo la tensione morale, che è esattamente quella che oggi manca.
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