«La mia casa è e resterà il Partito democratico guidato da Elly Schlein». Con queste parole Dario Franceschini tenta di mettere a tacere i retroscena che da giorni agitano l’estate del centrosinistra. Il senatore ed ex ministro interviene per disinnescare le indiscrezioni che lo vedrebbero al lavoro, in tandem con Matteo Renzi, per costruire una nuova formazione moderata capace di federare quell’area liberale e cattolica sempre più sfilacciata. Renzi sembra a suo agio, ospite di questa e quella Festa dell’Unità. Se nell’estate 2024 ospitare il leader di Iv era tanto rischioso quanto provocatorio – la prima uscita all’insegna del celebre festival fu sotto l’ala protettiva di Matteo Ricci, che da pontiere ne pagò il prezzo – quest’estate il clima è più sereno.

I riformisti dem e Renzi

Renzi torna a fare il pieno di militanti e di applausi. E si riaffaccia l’idea che l’ex leader torni a guidare, se non tutto il partito, almeno una sua versione riformista. Ed ecco il sogno di mezza estate che prende forma: una creatura che nasca in seno ai dem per distaccarsene senza traumi. Con Paolo Gentiloni, Pina Picierno, Dario Franceschini, Lia Quartapelle, Giorgio Gori e tutti i riformisti dem uniti a quelli di Italia Viva: a Maria Elena Boschi, Enrico Borghi, Ivan Scalfarotto, Roberto Giachetti che tornano nella stessa grande casa, realizzando nei fatti quella Margherita 2.0 di cui qualcuno teorizza il ritorno.

La “quarta gamba” o “tenda” per ospitare moderati

Nelle ultime settimane, d’altronde, non sono stati pochi gli artefici delle ipotesi della “quarta gamba” del centrosinistra: dai cattolici pacifisti come Marco Tarquinio e Paolo Ciani, fino ai moderati di «Più Uno» con Ernesto Ruffini, passando per il progetto dell’assessore romano Alessandro Onorato. Esperienze che, almeno formalmente, nascono «dal basso», senza il timbro diretto dei leader. Ma che rischiano, secondo i riformisti dem, di scardinare l’unità plurale del Partito democratico.

Il malumore interno è palpabile. «Sembrano temi che preoccupano i retroscenisti che occupano il Parlamento. Noi continuiamo a fare politica dentro un Partito democratico plurale con cultura di governo», dichiara il senatore Alessandro Alfieri. E aggiunge: «Spero si possa costruire tutti insieme una coalizione credibile e vincente, ma queste alchimie a tavolino non mi convincono per niente». La tensione è cresciuta dopo l’ipotesi – attribuita a Goffredo Bettini – di lavorare alla costruzione di una «tenda» per ospitare moderati e riformisti in cerca di spazio. Proposta respinta al mittente dai riformisti Pd, che la considerano una manovra per spingerli fuori dal partito. E poi, con il caldo irrespirabile di questi giorni, senza aria condizionata non c’è tenda che tenga.

Salis a palazzo Chigi, boutade?

Il centrosinistra, che oggi con il Pd targato Schlein si fonde e confonde con M5S e Avs nella sinistra-centro, avrebbe bisogno – secondo i ragionamenti interni – di una forza capace di intercettare l’elettorato moderato. Da qui l’interesse per modelli civici come quello sperimentato con successo a Genova, con Silvia Salis figura emergente. Ma proprio su Salis si apre un’altra partita. Il suo nome viene fatto – con tutte le cautele del caso – come possibile candidata premier di una coalizione unita. Un’indicazione che oggi avrebbe valore più simbolico che sostanziale, visto che servirebbe una legge costituzionale per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Tuttavia, nei gruppi Pd alla Camera, i tecnici stanno lavorando: simulazioni, prospetti, bozze.

Non tutti ci credono. Molti derubricano l’ipotesi Salis a «boutade», dettata più dalla canicola estiva che da veri scenari. Le elezioni politiche sono ancora lontane due anni – un’era geologica in termini politici. E se è vero che a Genova l’esperimento ha funzionato, trasformarlo in modello nazionale appare azzardato. Soprattutto perché alle prossime elezioni i leader ci saranno, in prima persona, difficilmente pronti a farsi da parte. Più probabile, spiegano fonti Pd, che la guida della coalizione vada al leader del partito più forte, «ferme restando le prerogative del Capo dello Stato». In questo schema, il nome naturale sarebbe Elly Schlein. A meno che la nuova, ipotetica Margherita di Renzi e Gentiloni non prenda il largo.

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.