Matteo Salvini ha indubbiamente tutto il diritto di portare il rosario e di farne l’uso che vuole. E altrettanto indubbiamente nessuno ha il diritto di molestarlo se lo fa, tanto meno usando violenza. Qualche dubbio è invece legittimo sulla tenuta logica e morale della dichiarazione di Matteo Salvini a proposito del rosario che quella signora gli ha strappato dal collo con gesto che, si ripete, in nessun modo può essere giustificato. Perché Salvini, comprensibilmente dolendosi dell’accaduto, e a darne immagine tanto più penosa, ha spiegato che il rosario “non è un simbolo politico”. E qui, appunto, il discorso torna poco e stona molto.

Ricordiamo tutti molto bene Matteo Salvini che ostenta il rosario mentre fa comizio reclamando la chiusura dei porti e la fine della pacchia. A me – e per fortuna non solo a me – quell’uso pareva blasfemo, e il braccio teso con quella catenella mandava terribilmente all’immagine del forsennato che impugna e rammostra una testa mozzata. A farne, oltretutto in modo così osceno, un simbolo politico è dunque Salvini: e non è colpa di nessuno ma soltanto sua se il rosario che sventola e la Vergine Maria cui si raccomanda per ottenere maggioranze santificate diventano il carburante per le ruspe contro gli zingaracci; non è colpa di nessuno ma soltanto sua se una politica che si giustifica sui simboli di una fede conferisce dignità a politiche opposte fondate sui simboli della fede altrui.

Per capirsi: avremmo il diritto di pensare che le leggi razziali sulla sicurezza e l’immigrazione sono state approvate perché una maggioranza politica le ha imposte, non perché le ha volute Iddio.