Voci contrattuali a tratti vergognose
Salviamo i medici italiani, gli eroi della pandemia con gli stipendi e le condizioni di lavoro peggiori d’Europa
La trattativa sul contratto dei medici ospedalieri verrà ripresa tra circa un mese. Un tavolo di discussione ancora lungo sulla rimodulazione legittima del contratto di quelli che solo pochi mesi fa venivano chiamati eroi in tempo di pandemia.
I medici ospedalieri italiani hanno le condizioni qualitative di lavoro oltre che gli stipendi tra i peggiori del resto d’Europa. E restando in Italia non va meglio: lo stipendio netto di un ospedaliero neoassunto, a fronte di una mole di responsabilità e stress elevatissimi, è oltre la metà di quello di molti medici di famiglia o dei pediatri di famiglia, ruoli certamente altrettanto importanti nell’ambito del servizio sanitario nazionale.
Inoltre, i medici ospedalieri sono definiti dirigenti, ma anche qui, sono i dirigenti pubblici con il numero minimo di ore lavorative settimanali più alto (38) e con la remunerazione più bassa in assoluto rispetto a tutti gli altri dirigenti pubblici. Ore minime, perché data la critica carenza di personale, esse diventano spesso molte di più, soprattutto in turni di lavoro disagiato come quello notturno. Con voci contrattuali a tratti vergognose, come quelle della indennità di pronta disponibilità a 22 euro lorde a turno: meno di 2 euro a ora notturna con il telefono vicino, pronti a correre in ospedale su chiamata.
Questi aspetti vanno tuttavia embricati con le criticità attuali del servizio sanitario nazionale, di cui l’ambito medico ospedaliero costituisce cuore pulsante. Tra queste ad esempio il mancato riaccorpamento dei sistemi sanitari in un unico nazionale, proposto invano con il referendum del 2016, con le conseguenze negative osservate durante la recente pandemia, e la persistenza di procedure riconosciute in alcune regioni si ed in altre no. Altro punto di debolezza: le liste di attesa lunghe anche oltre l’anno. Condizionate anche dalla rivedibile condizione di limitata cooperazione tra privato e pubblico. Molti nostri vicini di casa come Svizzera e Germania, basati su di un sistema misto in cui pubblico e privato cooperano, non hanno liste di attesa e vi è libertà di scegliere da chi e dove farsi curare.
In Italia invece gli ospedalieri che si dedicano al privato oltre l’orario dovuto in ospedale vengono penalizzati contrattualmente rispetto ai colleghi che si limitano a tale orario. La conseguenza è che da noi il 52% dei cittadini ritengono che la sanità sia inadeguata, in particolare il 56% al centro, il 35% al nord e il 69% al sud (fonte Censis). Con settori specialistici in cui il servizio pubblico è praticamente inesistente, come ad esempio quello odontoiatrico, o paradossi come quelli normativi sulla concessione di presidi protesici, che non tengono conto del reddito.
Eppure le risorse in teoria, soprattutto ora nella fase post-pandemia, ci sarebbero. Anche se non sempre utilizzate ottimamente. Come le risorse del Mes, originariamente pochissime per la sanità, o quelle del Pnrr, indirizzate praticamente solo ad implementazione strutturale e tecnologica. Andrebbe fatto invece molto di più su quello che probabilmente è il principale fattore di vulnerabilità: le risorse umane.
Si sta provando a rimediare alle conseguenze dell’imbuto formativo specialistico degli anni precedenti per i medici, ma ne mancano tanti, con molti che stanno andando in pensione. E con troppi che hanno sempre meno desiderio di stare in ospedale. Bisogna incentivare e rimodulare tutte le attività ospedaliere, rendendole più attrattive ed efficienti, con personale da trattare meglio sia dal punto di vista economico che di carico e qualità del lavoro. Anche rimaneggiando quello che viene fatto fuori dagli ospedali, ad esempio tramite studi aggregati di medici con coperture di orari e giorni ampie, in grado di dare risposte immediate al paziente evitandogli di congestionare inutilmente il pronto soccorso ospedaliero. C’è inoltre la necessità di sfoltire la burocrazia, e l’importantissimo processo intrapreso recentemente di depenalizzazione della colpa medica. La salvezza del Ssn e la tutela di una popolazione sempre più anziana e piena di cronicità passa necessariamente da qui. Non sapere intervenire con efficacia oggi, significa veder chiudere servizi ospedalieri essenziali a breve su tutto il territorio nazionale. Un rischio che non possiamo correre.
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