La legge di bilancio è tra gli atti più importanti di qualsiasi governo. A maggior ragione per l’esecutivo italiano alle prese da decenni con un debito alto e una crescita economica relativamente bassa. Gli eventi degli ultimi anni, prima il covid e poi la guerra, hanno sospeso le regole europee e l’attenzione dei mercati ai parametri finanziari. Le leggi di bilancio sono state praticamente soppiantate da decreti di elargizione di fiumi di miliardi per fare fronte alle emergenze. A coronare il bengodi dei soldi facili – soprattutto per l’Italia – è stato un 2022 mirabolante per la finanza pubblica, viziato tuttavia da fattori temporanei e difficilmente ripetibili.

Fisco. Diverse decine di miliardi di tasse pagate oltre il previsto, ma in parte grazie ad uno slittamento dal 2021 al 2022. Infatti le entrate dei primi mesi di quest’anno sono nettamente sotto le aspettative, probabilmente sovrastimate per l’una tantum dell’anno scorso.
PNNR. L’Italia ha finora speso meno di 30 miliardi, verso gli 85 miliardi incassati (compreso la terza rata in arrivo). Il bancomat non durerà a lungo.
Inflazione. L’altissimo e inatteso tasso che ha svalutato il valore del debito, sta (fortunatamente) calando.
Crescita. La crescita economica relativamente alta è stata letteralmente drogata dai bonus edilizi. A costo di oltre 100 miliardi di debito pubblico futuro. Lo stop, obbligato, peserà.

Sulla legge di bilancio di quest’anno e su questi degli anni futuri peseranno in più altri macigni.
Primo. L’azione della BCE che per combattere l’inflazione sta aumentando i tassi d’interesse e sta vendendo titoli Btp (tecnicamente, Quantitative Tightening anziché Quantitative Easing). Il risultato di tutto ciò sarà un costo del debito sempre più alto e la necessità di collocare nuovo debito pubblico agli investitori privati per valori mai raggiunti nel passato. Oltre 100 miliardi quest’anno, e quasi 150 miliardi l’anno prossimo.
Secondo. I costi della “macchina dei servizi”, cioè gli stipendi e acquisti della pubblica amministrazione. Nel 2017 sono stati circa 300 miliardi. Nel corso dell’ultima legislatura, caratterizzata da bassissima inflazione, sono lievitati a 353 miliardi. Con un altissimo tasso d’inflazione, questa spesa è prevista nei conti del governo di scendere in termini nominali fino al 2025. Significa una contrazione reale del 15-20%!

Questo è semplicemente impossibile, anche ipotizzando un forte e malaugurato taglio ai servizi, dalla sanità all’istruzione.
Non a caso il governo ha fatto ricorso ad una tassazione straordinaria delle banche per trovare risorse aggiuntive. Sarà altrettanto difficile stabilizzare la modesta riduzione del cuneo fiscale finora coperta per pochi mesi. La riduzione delle tasse è un obiettivo condivisibile anzi sacrosanto, ma ipotizzare di finanziarla solo aumentandone delle altre è irrealistico e controproducente. Per un paese indebitato come l’Italia, per ridurre le tasse serve ridurre la spesa.
Tra il 2014 e il 2017 i governi italiani presieduti da Renzi e Gentiloni hanno realizzato una revisione della spesa di 33 miliardi annui. L’iniziativa ha consentito una riduzione delle tasse di pari entità, assicurando nel contempo gli obiettivi di continua riduzione del deficit e del debito. Gli 80 euro – a dispetto della vulgata dei talk show – sono stati coperti dal primo al dieci miliardesimo euro, senza un centesimo di deficit in più!
La legge di bilancio dovrebbe prevedere un’azione ragionata, manageriale, e organizzata su più anni per aumentare la produttività e l’efficienza della pubblica amministrazione. Solo cosi sarà possibile dare sollievo alle famiglie, soprattutto del ceto medio, duramente colpite dall’inflazione.

Mister Ragioniere

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