Esteri
Sangiuliano racconta Erdoğan: “Solo il sultano può disarmare Hamas”
La Turchia, vuoi o non vuoi, è sempre al centro. Delle agende, delle questioni, dei crocevia. Ieri Ankara ha arrestato uno dei leader di Isis-K, mostrando al mondo la sua intatta capacità di intelligence e la risolutezza della sua macchina di repressione militare. L’arresto operato dai servizi turchi, per di più, è stato fatto tra Afghanistan e Pakistan, fuori dai confini turchi. L’arrestato è sospettato di preparare attacchi nella regione e in Europa.
Nel corso della presentazione del libro Il Sultano di Gennaro Sangiuliano, dedicato alla parabola politica di Recep Tayyip Erdoğan, è emersa con chiarezza l’ambizione dell’opera: non limitarsi a una biografia politica, ma offrire una chiave interpretativa della svolta autocratica turca attraverso la lunga durata del potere personale. L’incontro, trasmesso da Radio Radicale e moderato da Giuseppe Di Leo, ha consentito all’autore di articolare il senso profondo del suo lavoro, collocandolo nel quadro più ampio delle trasformazioni globali della leadership politica.
Sangiuliano ha descritto Erdoğan come uno dei protagonisti centrali del XXI secolo, un leader capace di attraversare epoche e crisi diverse, ridefinendo progressivamente il rapporto tra consenso popolare, religione, istituzioni e potere personale. La forza del libro, ha spiegato, risiede nella scelta di partire dall’uomo prima che dal politico: le origini modeste, la formazione religiosa, il radicamento nei quartieri popolari di Istanbul sono elementi essenziali per comprendere il suo linguaggio, il suo stile e il suo rapporto diretto con il popolo. La narrazione segue le tappe fondamentali della carriera di Erdoğan: l’ascesa come sindaco di Istanbul negli anni Novanta, la fondazione dell’AKP, la fase iniziale di governo segnata da riforme economiche, apertura ai mercati e dialogo con l’Unione Europea. È proprio questo passaggio, ha sottolineato Sangiuliano, a rendere più significativa la successiva inversione di rotta. Il progressivo abbandono dell’orizzonte europeista e la messa in discussione dell’eredità laica kemalista non avvengono all’improvviso, ma maturano nel tempo, in risposta a conflitti interni, crisi regionali e alla percezione di un accerchiamento politico.
Il momento di svolta viene individuato nel fallito golpe del 2016 e nel referendum costituzionale del 2017, che trasforma la Turchia in una repubblica presidenziale fortemente accentrata. Da lì in avanti, la repressione del dissenso, il controllo dei media e la marginalizzazione dell’opposizione diventano strumenti strutturali del potere. Sangiuliano insiste su un punto: non si tratta di un’anomalia orientale, ma di un modello di leadership che dialoga, per affinità e differenze, con altre forme di autoritarismo contemporaneo. Il Riformista, che intervista Sangiuliano insieme a Radio Radicale, fa notare come il libro riesca a coniugare il rigore dell’analisi storica con una scrittura accessibile, evitando tanto l’apologia quanto la demonizzazione. L’attenzione alla dimensione geopolitica – dai rapporti con la Russia alla posizione ambigua nella NATO, fino al ruolo nel Mediterraneo e nel Medio Oriente – consente di leggere Erdoğan non solo come leader nazionale, ma come attore globale, abile nel muoversi tra le contraddizioni dell’ordine internazionale.
Certo, le criticità, parlando di Erdoğan, sarebbero numerose. La repressione delle libertà civili e della laicità in Turchia – sottolinea Sangiuliano – sono un problema. Ed è un problema tutto l’atteggiamento ostile che Ankara tiene verso Israele. Chiediamo se il contingente dei 2000 turchi potrebbe essere utile nella fase 2 del processo di pace per Gaza. Sangiuliano è possibilista: «Se la Turchia decidesse di impegnarsi per un effettivo disarmo di Hamas, probabilmente avrebbe la forza per riuscirci». La conversazione si conclude sugli equilibri internazionali. Erdoğan tiene il dialogo aperto con la Russia, gioca con gli equilibri in Medio Oriente, si avventura nella conquista di porti libici e di avamposti africani e però sta saldamente nella Nato. Anzi, si propone come pietra angolare della futura alleanza militare europea. Uno, nessuno e centomila, è un perfetto soggetto da serie Tv. Come quelle centinaia che – realizzate non a caso in Turchia con un investimento miliardario voluto dallo stesso Erdoğan – inondano le piattaforme di tutto il mondo.
Prima di salutare l’ex ministro Sangiuliano, gli chiediamo a chi sarà dedicato il prossimo libro. Dopo Putin, Xi Jinping e Erdoğan, si dedicherà a un leader europeo? «Tra due anni, quando uscirà il prossimo libro di questa mia serie, Macron non ci sarà più. E non so quale altro leader europeo di oggi ci sarà ancora. Vorrei dedicarmi a una ricerca sulla Francia, il Paese che sta soffrendo più di tutti la crisi sociale derivante dall’immigrazione e le dinamiche fuori controllo del multiculturalismo».
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