Sebbene con leggero ritardo, anche quest’anno è scattata l’autogestione nelle scuole superiori. A differenza del passato, però, i protagonisti non sono gli studenti, impegnati in lezioni fai-da-te e in attività più o meno formative, ma i prèsidi e i genitori. È sulle loro spalle che viene scaricato il peso della riapertura degli istituti secondari di secondo grado, prevista per lunedì prossimo. Possibile? Sì, soprattutto se i politici si impegnano (con “ottimi” risultati) nell’antico ma mai noioso gioco dello scaricabarile. Succede in tutta Italia, è vero, ma la Campania rappresenta ancora una volta l’avanguardia del caos.

Le cose stanno così. Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, punta il dito contro la Regione attribuendole la «responsabilità politica, istituzionale e sanitaria» del «picco esponenziale di dispersione scolastica registrato in città». In pratica, secondo il primo cittadino, è colpa di Palazzo Santa Lucia se molti studenti napoletani non hanno seguito la didattica a distanza. Il primo cittadino bolla poi come «vergognoso» il fatto che la Campania sia stata «la Regione in Europa che per ultima ha aperto le scuole e per prima le ha richiuse». Resta da capire, però, quale sia stato il contributo apportato da de Magistris alla riapertura delle scuole. Il piano degli orari che, in base a due norme risalenti addirittura al 2000, i sindaci sono tenuti ad approvare per scaglionare gli ingressi nelle scuole e negli uffici pubblici? Non si è visto. Così come resta tutta da verificare l’efficacia del potenziamento delle corse annunciato nei giorni scorsi da Comune e Anm. Sono proprio gli studenti delle superiori, infatti, a incidere di più sul trasporto pubblico locale perché abituati a spostarsi autonomamente.

Dal canto suo, il governatore Vincenzo De Luca che fa? Firma una serie di raccomandazioni con le quali suggerisce di evitare che più del 50% degli studenti si ritrovi in classe, contesta lo scaglionamento degli ingressi faticosamente strutturato dalla Prefettura e lascia ai genitori la possibilità di scegliere se mandare o meno i figli a scuola. Ieri, nel consueto messaggio del venerdì, il presidente campano ha chiarito come queste raccomandazioni siano soltanto «un invito ad approfondire i problemi» delle scuole. Per i dirigenti degli istituti e per le famiglie, però, si tratta di un messaggio che suona più o meno così: fate quello che vi pare. Il che sarebbe accettabile se non ci trovassimo nel bel mezzo di una pandemia. «Abbiamo lavorato 24 ore al giorno per riaprire in sicurezza – spiega Rita Pagano, preside dell’istituto Ferraioli di Napoli – Le istituzioni non stanno brillando per efficienza su vaccini, trasporti e controlli anti-assembramento. Qualcuno dice che hanno scaricato le loro responsabilità su di noi? Magari ce la stanno mettendo tutta, ma alla fine resta tutto sulle nostre spalle».

Ecco, il clima che si respira. A pagarne le spese sono studenti, famiglie e personale scolastico, ma questa vicenda è il paradigma di una situazione generale in cui, per incapacità amministrativa o per mera ricerca del consenso, la politica decide di non decidere. Invece di una politica che sintetizzi le diverse esigenze e adotti decisioni chiare e univoche c’è bisogno come il pane, soprattutto ora che il Covid consente una timida ripartenza delle attività. Ne ha bisogno la Campania come il resto del Paese.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.