Il secondo problema, che si va cronicizzando in modo sempre più grave, è la situazione di quei seicentomila stranieri irregolari che vivono e lavorano stabilmente in Italia e che, come è evidente, per il numero e per l’assenza di accordi con la maggior parte dei paesi di origine, non possono essere rimpatriati. L’irregolarità di questo pezzo di Italia formalmente invisibile è davvero un problema di sicurezza: in primo luogo per gli interessati, che sono privi di tutele e riconoscimento, e in secondo luogo per la società. La loro regolarizzazione garantirebbe invece ricavi fiscali e contributivi di almeno 4 miliardi di euro annui e ridurrebbe questa forma di inquinamento illegale dell’economia reale.

Rispondendo ieri a una interrogazione del deputato di +Europa Riccardo Magi, che è anche relatore della proposta di legge di iniziativa popolare “Ero straniero”, per la riforma della legge Bossi-Fini, il ministro Lamorgese ha espresso la disponibilità a ragionare su un provvedimento di regolarizzazione, di cui in Italia non mancano i precedenti, in due occasioni (nel 2002 e nel 2009) sotto governi di centro-destra.

Però, per tornare a quanto si diceva all’inizio, un discorso serio su tutto questo dossier, che comprende i decreti sicurezza ma non si esaurisce in essi, avrebbe bisogno di una libertà politica che i partiti di maggioranza diversi dal M5S non hanno e di tutta evidenza non vogliono avere, se non sono disposti a mettere sul piatto la vita stessa dell’esecutivo.