Protagonisti
Starmer, il Giano bifronte dell’Europa. Solido e influente in politica estera ma fragile e divisivo in patria
Un Giano bifronte. Questa è la definizione più adeguata per il premier inglese Sir Keir Starmer. Forte in politica estera, animatore dei cosiddetti volenterosi, e fragile in politica interna, con più di un fronte aperto e le opposizioni in fermento. Ma andiamo per gradi.
Il nuovo profilo
Starmer ha rilanciato il ruolo dell’Inghilterra come super potenza continentale puntando su tre pilastri: in primo luogo il doppio riavvicinamento all’Europa. Si è fatto primo promotore del tavolo delle nazioni a sostegno dell’Ucraina, i volenterosi appunto, e si è speso senza sosta per la road map verso una pace possibile insieme a pochi altri interlocutori che giudica affidabili e sente affini su vari fronti. Prima fra tutti proprio l’Italia. Le visite a Roma per discutere del tema migranti, incluso il recente viaggio della famiglia Reale, rivelano una relazione salda in verità mai sopita con il nostro Paese. Tanto che i più maligni vociferano che le “grandi decisioni” nostrane e le vicende che hanno influenzato la storia italica abbiano sempre avuto come mandante proprio i palazzi del potere inglesi. Fatto sta che la sintonia tra Meloni e Starmer oggi è più di un semplice fatto di cortesia: è un dialogo tra pari che conviene a entrambi.
Capitolo Brexit
Secondo punto: la Brexit. Che il premier inglese punti a una ridefinizione sostanziale dell’accordo ormai è il segreto di Pulcinella. Benché ancora il termine “Brexin” sia impronunciabile, quella è la strada tracciata. L’Inghilterra è un Paese dove costituzione e voto popolare hanno ancora un manto di concreta sacralità, e il premier sa bene che non conviene sovvertire in fretta e furia quella che è stata la decisione del suo popolo, pena la perdita del consenso per il Labour, soprattutto nelle campagne. Ma sa anche che il futuro riserva un destino che vede Londra rientrare in Europa dalla porta principale. E quello dei volenterosi è, per così dire, un tavolo di prova. Insieme ai rinnovati accordi commerciali, alla caduta di alcuni tabù della Brexit come l’irrigidimento dei permessi di soggiorno e dei visti per gli studenti. Come diceva Woody Allen, tutta roba che passa con un bel whisky and soda. E pare che Starmer abbia intenzione di farli digerire entrambi agli inglesi.
Il fronte interno
Più complesso è il fronte interno. E anche qui sono due i punti critici che stanno erodendo il consenso dei laburisti. Starmer, va detto, come ogni leader progressista sembra sentirsi più a suo agio nel club delle élite internazionali che tra i suoi stessi concittadini, ed è esattamente questa indifferenza di cui lo accusano i conservatori e il suo nemico più feroce, quel Nigel Farage, leader di Reform UK che vola nei sondaggi rosicando consensi anche al partito Tory. Kemi Badenoch, la leader conservatrice, non si è risparmiata trasferte estive, su e giù per il Paese per incontrare soprattutto le famiglie di quelle imprese agricole che rappresentano non solo una parte consistente dell’economia britannica, ma anche quella parte di elettorato capace di rovesciare le sorti del futuro voto politico.
Gli stranieri
Per quanto la metropoli londinese sia, come le altre grandi metropoli, una bolla a trazione laburista, il resto dell’Inghilterra non la pensa così e ha a cuore un modello di società che vede minacciato dalla finanza internazionale e soprattutto dall’ondata migratoria. Ed è su questo fronte che Starmer si gioca molto del suo futuro. E lo sa. Tanto che ha messo in atto una serie di misure emergenziali per contenere l’arrivo massiccio di stranieri, soprattutto musulmani, che ormai hanno cambiato in modo irreversibile la faccia delle città inglesi. E allora via ai rimpatri massicci, vere e proprie deportazioni senza tante liturgie. Via al restringimento dei permessi di soggiorno e dei visti di ingresso.
Gli accordi per il rimpatrio
Accordi siglati con altri Paesi per il rimpatrio veloce e acquisizione del “modello Italia” con gli hub per la gestione degli irregolari. Misure che neppure il temuto Orbán si sognerebbe, e che farebbero gridare al ritorno del fascismo. Ma Starmer è un laburista e, nonostante l’evidente torsione rispetto ai valori originari del suo partito, questa appartenenza lo salva, per il momento, dalle polemiche. Che sia sufficiente a salvargli anche il posto, resta da vedere. La vetrina internazionale interessa il giusto in quell’isola a nord di Calais. Ma intanto Starmer procede senza esitare, e Badenoch e Farage stanno a guardare in attesa di un passo falso.
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