Esteri
Stategia UE unica verso la Cina: l’esame di coscienza su una machiavellica simmetria geopolitica
Nemmeno i principali partner commerciali europei come Berlino o Parigi hanno mai rallentato i rapporti con Pechino, prediligendo il dialogo bilaterale a discapito delle posizioni comunitarie
Cartina tornasole di un rapporto sempre più complesso, l’ultimo Stato dell’Unione pronunciato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha inesorabilmente confermato l’inasprimento delle relazioni sino-europee. L’intenzione di “rispondere a una Cina aggressiva” – anche tramite un’indagine anti-sovvenzioni sui veicoli elettrici “made in China” – non sorprende. Non è la prima volta che si accusa la Repubblica Popolare di distorcere il mercato via dumping, con beni a basso costo. Colpisce, piuttosto, la scelta di terminare un mandato prendendo ancor più le distanze da un partner da €800 miliardi l’anno in scambi di beni.
Nonostante il Consiglio europeo di fine luglio avesse escluso il de-coupling (disaccoppiamento) con Pechino, contrariamente a quanto già avviato da Washington, era stata altresì espressa la necessità di de-risking (minor dipendenza) da Pechino, nonché preoccupazioni in merito ai rapporti con Taiwan e presunte violazioni dei diritti umani in Tibet, Xinjiang e Hong Kong. Già nel 2019, mentre ancora si lavorava ai termini dell’Accordo comprensivo sugli investimenti (CAI), intesa volta a regolamentare gli investimenti bilaterali, la cui ratifica è stata poi sospesa nel 2021 proprio dal Parlamento Europeo, Bruxelles aveva definito Pechino un “rivale sistemico”.
Persino l’Italia, unico paese G7 ad aver aderito con discutibile entusiasmo nel 2019 alla Via della Seta, iniziativa commerciale annunciata nel 2018 dal Presidente Xi Jinping, ha manifestato l’intenzione di non voler rinnovare l’adesione al progetto a margine dell’ultimo G20, anche deludendo coloro che auspicavano un sempre più ridotto filoatlantismo nelle decisioni della Farnesina. Una strategia europea unica verso la Cina, per quanto necessaria, potrebbe oggi rivelarsi inutile. Nonostante Pechino sia inserita nelle principali infrastrutture politiche occidentali – WTO in primis – e tenti di rinnovare la propria immagine, è tuttavia incapace di integrarsi ai valori di quel mondo che sposa il multilateralismo.
Machiavellica simmetria geopolitica, nemmeno i principali partner commerciali europei come Berlino o Parigi hanno mai rallentato i rapporti con Pechino, prediligendo il dialogo bilaterale a discapito delle posizioni comunitarie. Occorre un esame di coscienza, poiché l’assenza di presupposti europeisti potrebbe facilitare il dividi et impera di stampo cinese che ha già reso molti paesi incapaci di emanciparsi dalla Repubblica Popolare, eterna economia emergente.
© Riproduzione riservata






