Non si può fare solidarietà con i confini degli altri”. La sintesi della premier Meloni svela l’arcano di una notte. L’Italia giovedì ha bloccato a Bruxelles il Patto sull’immigrazione della Ue con un duplice obiettivo: strizzare l’occhio agli amici ungheresi e polacchi da sempre contrari ad ogni patto collettivo sull’immigrazione e spingere la propria contromossa. Spiegata ieri dalla premier a margine del vertice Med 9 a Malta. “La Germania vuole mano libera con le ong e le finanzia. Giovedì, mentre i ministri dell’Interno erano riuniti a Bruxelles, avevamo sette navi di ong tedesche nel canale di Sicilia. Il nostro  contro-emendamento: se si viene salvati da una tedesca, è come si fosse arrivati in Germania”. Il paese di “bandiera” delle navi si dovrà far carico dell’identificazione e dell’accoglienza dei naufraghi.

E’ una vecchia idea del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Era scomparsa dai radar. L’ha rimessa in campo ieri Meloni spiegando, da Malta dove sono riuniti i paesi del Med 9, perché giovedì a Bruxelles l’Italia ha stoppato la firma finale all’accordo sull’immigrazione (e per cui serve la maggioranza qualificata).

Sono giorni intensi sul dossier immigrazione. Giovedì i ministri dell’Interno dei 27 riuniti a Bruxelles. La conferenza di Palermo in ambito Onu contro il traffico degli esseri umani e il traffico di droga. Il Med 9 a Malta che senza dubbio ha rafforzato la posizione dei nove paesi che affacciano sul Mediterraneo in un blocco comune che mette al primo posto la cosiddetta “dimensione esterna” – il Mediterraneo è confine europeo – e le cooperazione europea  per aiutare i paesi africani a trattenere i flussi migratori.

“Scegliamo noi chi arriva in Europa” disse Ursula von der Leyen il 17 settembre a Lampedusa, “non possiamo accogliere tutti”. La dichiarazione finale del Med 9 sarà un mattone portante del vertice informale del Consiglio europeo a Granada il 5 e 6 ottobre sotto la presidenza di turno spagnola. Così come elementi importanti arriveranno dalla Conferenza di Palermo dove ieri il ministro Piantedosi ha avuto bilaterali con gli omologhi della Nigeria, Ghana, Somalia, Costa d’Avorio. Con questi paesi sono stati imbastiti accordi per i rimpatri, soprattutto assistiti cioè con contributi economici, e le espulsioni. E’ il nodo gordiano di tutta la partita migranti.

Ma è la partita politica tra i 27, tutti già in campagna elettorale per le Europee, che è destinata a condizionare la soluzione del dossier. La Germania non è nel Med 9. Lo è invece la Francia. “Avanti con il Piano von der Leyen, solidarietà all’Italia che non può essere lasciata sola” ha detto ieri Macron dopo un trilaterale con Meloni e la presidente della Commissione Ue.

E’ la Germania il problema. Giovedì a Bruxelles si doveva votare l’ultimo pilastro dell’imponente Patto Ue per la migrazione e l’asilo da settimane al centro delle trattative tra gli sherpa. Sul tavolo le disposizioni  da far scattare quando uno Stato membro si trova di fronte a un numero di sbarchi o arrivi superiore al normale, a eventi eccezionali come una pandemia o a crisi artificiali prodotte dalle “strumentalizzazioni” dei migranti da parte di Paesi terzi.  L’accordo sembrava raggiunto. Con il via libera del cancelliere Scholz dopo il ripetuto no recente alle redistribuzioni.  “Ma quello di Berlino è stato in realtà un passo indietro”. Sulle ong.

“Le operazioni di aiuto umanitario – recita il passaggio voluto da Berlino – non dovrebbero essere considerate come strumentalizzazione dei migranti quando non vi è l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro”. Che invece è esattamente quello che ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani delle ong finanziate dal governo tedesco. Da qui la controproposta italiana: la territorialità scatta sulla nave che soccorre.
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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.