Hanno aspettato che il feretro di Giorgio Napolitano uscisse nella piazza di Montecitorio tra gli inni e i corazzieri. Poi hanno iniziato a parlare, uno accanto all’altra, Giorgia Meloni e Emmanuel Macron, una passeggiata di pochi metri che separa la Camera dei deputati da palazzo Chigi, inattesa, inaspettata, quasi complice, piena di significati. Insieme sono entrati nella sede del governo lasciando un po’ spiazzati staff e sicurezza e si sono chiusi a colloquio per un’ora e venti minuti. Loro due, soli, senza delegazioni, nello studio della premier. Un fuori programma che restituisce a Meloni il senso e il ruolo in una giornata che ha rischiato di vederla comprimaria, di una cerimonia – il funerale laico – a lei per tanti motivi estranea.
Il comunicato di palazzo Chigi riferisce di un colloquio “lungo e cordiale” sulle principali “tematiche internazionali a cominciare dalla gestione del fenomeno migratorio”. Tutto lavoro preparatorio del vertice Med 9 venerdì a Malta e del Consiglio europeo informale di settimana prossima a Granada (5-6 ottobre). L’Eliseo è un po’ più generoso: “I due leader hanno continuato a discutere della necessità di trovare una soluzione europea alla questione” migranti. Al di là delle formule di rito, il colloquio di ieri, proprio perché fuori dal protocollo, assume un valore speciale. Ma fa esplodere la maggioranza. Salvini ha chiarito che “domani in Cdm avremo chiarimenti su questo colloquio informale”.

Macron e Meloni che passeggiano insieme e discutono complici è una scena inimmaginabile fino a due settimane fa. Sono stati undici mesi di grande freddo e gaffe diplomatiche. Un rapporto difficile. Anche perché Meloni fatica a scegliere l’opzione europeista stretta com’è tra Salvini, la Lega, i Conservatori europei, l’amico Orban e i compagni di Vox. La gendarmerie sul confine francoitaliano, Berlino che dice “basta ricollocamenti” e però finanzia le ong che operano nel canale di Sicilia, di certo non aiutano. Le ultime due settimane sembrano aver cambiato qualcosa. La crisi di Lampedusa, il viaggio e le promesse di Ursula von der Leyen, l’appello di Meloni all’Assemblea delle Nazioni Unite per lottare insieme contro la nuova schiavitù degli scafisti, la visita di Papa Francesco a Marsiglia e l’incontro proprio con Macron e le parole del Presidente francese: “L’Italia non può essere lasciata sola”. L’incontro di ieri in qualche modo potrebbe mettere fine all’isolamento dell’Italia in Europa. Ma il momento della “vittoria” di Giorgia Meloni rischia di coincidere con quello di massima debolezza del governo.

Mentre Meloni era faccia a faccia con Macron, le agenzie rilanciavano una dichiarazione del vice di Salvini, Andrea Crippa. Parole durissime contro il governo tedesco. “Ottanta anni fa – ha detto Crippa – la Germania decise di invadere gli Stati con l’esercito ma gli andò male, ora finanziano l’invasione dei clandestini per destabilizzare i governi che non piacciono ai social-democratici. Ma falliranno anche questa volta”. È un governo che un giorno fa la pace con Macron e quello successivo dichiara guerra alla Germania. Non è certamente questa l’unità europea necessaria per gestire i flussi migratori.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.