L’80esimo anniversario dell’Onu si è aperto, più o meno, nelle stesse ore in cui la diaspora ebraica celebrava l’inizio del suo 5786° anno e la comunità internazionale – in occasione dell’Assemblea annuale – si apprestava a tradire in maniera multilaterale il focolare nazionale del popolo di Sion. Da quando la Russia ha aggredito l’Ucraina, abbiamo tutti temuto che si preparasse una nuova Monaco e che le democrazie fossero sempre sul punto di abbandonare quel valoroso popolo al suo destino per evitare il rischio di una Terza guerra mondiale.

Per fortuna, l’Occidente ha fatto la sua parte, magari con eccessiva prudenza (come con il divieto di usare le forniture con il contagocce di armamenti solo per scopi difensivi). Da quando è cambiata l’Amministrazione Usa, scrutiamo l’orizzonte sull’altra sponda dell’Atlantico in attesa del momento in cui Donald Trump convolerà a giuste nozze con Vladimir Putin, e ci meravigliamo che quel giorno non sia ancora arrivato. Poi in questi giorni abbiamo dovuto prendere atto che si è consumato un altro Patto di Monaco, questa volta a scapito d’Israele. Il riconoscimento dello Stato di Palestina è il Patto del disonore del XXI secolo. Anche oggi il destino ha voluto che ne sono responsabili il Regno Unito e la Francia. Ma Neville Chamberlain ed Édouard Daladier, nel 1938, speravano almeno di salvare la pace attraverso l’appeasement. O almeno di rinviare la guerra.

Keir Starmer ed Emmanuel Macron vanno in soccorso dei nazisti di Hamas quando stanno per essere sconfitti; ma non hanno ottenuto da loro neppure delle promesse fraudolente. Ancora una volta, il vecchio Abu Mazen ha preteso da Hamas delle garanzie (il rilascio degli ostaggi e il disarmo) che poi sono le stesse richieste dal governo italiano tra i cori di protesta della sinistra politica e sindacale. Per fortuna, Israele non è la Cecoslovacchia che accettò di essere tradita senza combattere. E Donald Trump – forse per ragioni di affari immobiliari – non ha nei confronti di Israele quell’atteggiamento rinunciatario a giorni alterni che manifesta verso l’Ucraina. In questa operazione di diplomazia d’accatto ci sono degli aspetti paradossali. Starmer ha ribadito nei confronti dello Stato di Palestina i concetti solenni di sovranità e indipendenza. In base a tali princìpi, i gazawi avrebbero il diritto di scegliere i propri ordinamenti e di darsi i relativi governi.

Volenti o nolenti, i palestinesi della Striscia si sono messi nelle mani di Hamas, che eliminò fisicamente i funzionari dell’Autorità, la quale da vent’anni ha bandito in Cisgiordania le elezioni per non doversi consegnare “democraticamente” ai terroristi di Hamas. In sostanza, la comunità internazionale uscirà dal Palazzo di Vetro dopo aver votato a grande maggioranza per il riconoscimento dello Stato di Palestina, a condizione (ma questo punto è vago) che non sia governato da quelle forze che lo governano nel momento stesso in cui quella stessa realtà viene elevata al rango di Stato. Qualcuno ha inventato un riconoscimento sottoposto a una condizione sospensiva? Vuol dire che applicheranno alla pergamena una cucitura/lampo?

Ma ci sono altri aspetti che meritano un chiarimento. Cominciamo dalla trovata della sproporzione tra il pogrom del 7 ottobre e la reazione israeliana. I becchini hanno predisposto persino una contabilità: Hamas nell’attacco dell’ottobre 2023 ha sterminato 1.219 persone, per lo più civili. La campagna di ritorsione di Israele a Gaza – sostiene Hamas – ha provocato la morte di almeno 64.905 persone, anch’esse per la maggior parte civile. È così che si ragiona? Bene. A Pearl Harbor il 7 dicembre del 1941 morirono 2.403 militari Usa (1.200 rimasero feriti) e una cinquantina di civili. In Giappone, alla fine della guerra, si contarono più di un milione di morti, mentre 8,5 milioni di giapponesi furono sfollati a causa dei bombardamenti americani, compresi quelli atomici. In Germania si stimarono 7,5 milioni di morti, di cui più di due milioni di civili.

C’è forse qualche demente che attribuisce quelle vittime al “genocidio” degli Alleati, i quali non ebbero la mano leggera a Dresda e nelle principali città tedesche come a Hiroshima e a Nagasaki? La storia non attribuisce quelle stragi agli angloamericani o all’Armata rossa, ma a Hitler e alla casta militare nipponica. Anche in Italia, delle tante vittime civili nelle città rase al suolo, la responsabilità storica ricadde su Benito Mussolini. Quelle morti furono il prezzo della nostra libertà. I conflitti hanno degli effetti collaterali che divorano vite umane, anche di civili. A Gaza si combatte una guerra, che Israele ha diritto di vincere.