Il blitz a Secondigliano
Telefoni e droga in cella, quattro agenti penitenziari arrestati: il sistema carcere fallisce ancora
Che il carcere genera violenza e illegalità lo aveva già messo in evidenza il caso di Santa Maria Capua Vetere, con il pestaggio di oltre un centinaio di detenuti e il processo in corso per oltre un centinaio fra funzionari e agenti della penitenziaria. Spesso, inoltre, la cronaca ha parlato di droga e telefonini sequestrati all’interno di qualche istituto di pena. E ieri un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha messo nero su bianco la ricostruzione di come detenuti e agenti penitenziari sarebbero arrivati a mettersi in affari per far entrare all’interno del carcere di Secondigliano, il secondo più grande penitenziario della città, droga da spacciare fra i reclusi e telefoni cellulari per consentire a personaggi della camorra di mantenere i contatti con l’esterno.
Ventotto gli indagati destinatari di misure cautelari, ventisei quelli ai quali è stata eseguita, quattro sono agenti penitenziari, da ieri tre ai domiciliari e uno in carcere con il sospetto di aver preso soldi (anche fino a 500 euro per ogni carico) per far entrare nelle celle hashish e cocaina. Se le accuse ipotizzate dai pm antimafia saranno confermate in sede processuale, vorrà dire che il sistema carcere ha fallito ancora una volta. Perché è evidente che il sistema così com’è genera illegalità, produce criminalità. Eppure non lo si ammette. Si fa presto a puntare il dito contro chi si trova ad essere colto sul fatto o contro chi finisce coinvolto in un’inchiesta penale (se a torto o a ragione va sempre valutato, noi siamo garantisti e per tutti consideriamo la presunzione di innocenza), mentre si fa davvero tanta, troppa, fatica a riconoscere che il sistema è fallito, che non funziona, che genera poco o nulla di ciò che per dettato costituzionale dovrebbe generare, e cioè responsabilizzazione, recupero, reinserimento sociale.
Da anni si parla di riformarlo il sistema penitenziario, ma poi alle parole non seguono adeguati fatti, all’idea del cambiamento non segue mai un reale cambiamento. E la realtà continua in una routine sempre più desolante e fallimentare al punto che oggi si contano carceri spesso sovraffollate, talvolta fatiscenti, di fatto inadeguate a portare avanti progetti di responsabilizzazione e recupero per tutti i detenuti che le strutture ospitano. «Le notizie dell’inchiesta su un’associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti e corruzione all’interno della casa circondariale di Secondigliano, che ha portato all’arresto di numerose persone e coinvolto anche alcuni agenti della polizia penitenziaria, addolorano tutto il Dipartimento e il Corpo stesso», ha affermato il reggente capo del Dap, Roberto Tartaglia. «Di fronte a fatti del genere – ha aggiunto – , sui quali auspico che si arrivi presto ad accertare tutti i profili di responsabilità dei soggetti coinvolti, il Dap, d’accordo con la ministra della Giustizia Marta Cartabia, esprime ferma condanna verso chi non rispetta i valori e la dignità dell’uniforme che indossa e dell’istituzione che rappresenta». Alle indagini ha contribuito il nucleo investigativo della polizia penitenziaria. «Ciò dimostra – ha concluso Tartaglia – che il Corpo dispone degli anticorpi idonei a individuare e perseguire la corruzione al proprio interno». Ora però è l’intero sistema penitenziario che va sanato.
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