Giustizia ingolfata e sovrappopolazione carceraria si devono alla medesima matrice, a un’unica causa: la criminalizzazione dei cannabinoidi. È quanto si evince dal confronto in commissione Giustizia alla Camera, dove ieri sono state prese in esame due proposte di legge, tra loro antitetiche, che insistono sulla riforma dell’art. 73 del testo unico sulle droghe. L’articolo che segna il motivo principale per cui in Italia si finisce in carcere: la detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

La pdl a prima firma di Riccardo Magi, Più Europa, punta a depenalizzare il possesso di droghe leggere. Ridurre le pene e rafforzare l’attenuante della lieve entità, che diventerebbe una fattispecie autonoma. E decriminalizzare la coltivazione domestica ad uso personale: la legge Magi sancirebbe che non è punibile in assoluto, seguendo la giurisprudenza più recente espressa anche dalle sezioni unite della Cassazione. “Una soluzione che la maggioranza, con M5S e Sel più convinti, e una parte di Pd e Iv, considera con favore. È a loro che rivolgo il mio appello – dice Magi – Spero in una riforma coraggiosa che riconosca il fallimento storico dell’approccio repressivo».

La proposta di Molinari, al contrario, aumenterebbe la pena per l’aggravante dello spaccio. Prevede l’inasprimento persino per il “fatto di lieve entità”, che a questo punto culminerebbe in un minimo della pena paradossalmente più alta del minimo altrimenti previsto. L’obiettivo della Lega è palese: chiunque ceda anche solo cannabis, deve andare in carcere. Ma il dibattito in commissione ha permesso al Parlamento di acquisire dati incontrovertibili nel corso delle audizioni, tutte assai eloquenti. Per vederci chiaro il legislatore ha infatti chiesto lumi alle tre autorità più autorevoli in materia: Antonino Maggiore, direttore centrale per i servizi antidroga preso il Ministero dell’Interno, il Procuratore Generale Anti-mafia Cafiero De Raho e Mauro Palma, Garante dei detenuti.

I numeri parlano chiaro più delle parole: in merito ai reati di droga di lieve entità negli ultimi cinque anni – considerando dal 2016 al 30 novembre scorso – sono state effettuate 92989 operazioni antidroga per cessione o detenzione ai fini di spaccio di 125210 responsabili, dei quali 83534 in stato d’arresto. Dell’elencazione voce per voce si è fatto carico il Ministero, tramite il direttore dell’antidroga Maggiore: «L’attività di contrasto estesa a tutto il settore stupefacenti ha portato a 109167 operazioni di polizia, alla denuncia per trafficanti e spacciatori di 155772 soggetti. Tra questi 107873 sono in stato di arresto. Anche in presenza di un piccolo spaccio le forze di polizia procedono all’arresto del responsabile in misura più che doppia rispetto alla denuncia a piede libero, a riprova di un ampio ricorso alla misura cautelare», ha concluso Maggiore.

A prescindere dalla reale pericolosità sociale, la macchina della giustizia tritura indistintamente tutti. Lo sottolinea anche il Garante dei detenuti, Palma: «Oggi i numeri dei detenuti sono elevati nonostante i provvedimenti recentemente adottati. Per questo la concezione di una possibile gradazione di intervento dello Stato è a mio parere un elemento di valore» tanto più che «il 29,7% dei carcerati è colpevole di reati inerenti allo spaccio di sostanze stupefacenti». Quasi il trenta per cento, circa un terzo di chi affolla i limitati spazi carcerari è dentro per reati connessi alla detenzione a fini di spaccio.

Specifica Maggiore: «Le denunce a piede libero per piccolo spaccio sono pari al 31% del totale. Ciò vuol dire che nel 69% dei casi le polizie arrestano responsabili anche di situazioni di lieve entità. Il dato percentuale sembra tale da rendere non essenziale un ulteriore irrigidimento del sistema con riguardo una misura pre-cautelare dell’arresto». Consonante il procuratore generale antimafia Cafiero de Raho, quando accenna al fatto che con una qualche forma di legalizzazione ci sarebbe una fetta importante di mercato che verrebbe sottratto alle organizzazioni criminali.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.