La rivolta nelle carceri è assolutamente comprensibile. Come ci ricorda nelle sue lettere la nostra Nicoletta Dosio , dal 30 dicembre alle Vallette di Torino, oggi la condizione carceraria è la parte sommersa di una società sempre più feroce ed ingiusta. Le detenute ed i detenuti sono in gran parte poveri, emarginati, vittime dell’esclusione sociale e della droga. Ed è paradossale che mentre i reati diminuiscono le persone carcerate aumentino, il che non vuol dire più efficienza, ma solo più ferocia del nostro sistema giudiziario. Come la società regredisce e diventa sempre più cattiva ed escludente, così le carceri sprofondano in un sistema di detenzione ottocentesco. Nelle carceri di Torino dove è reclusa Nicoletta manca persino una infermeria. Intanto le persone detenute sono 60000 su meno di 50000 posti letto. Questo vuol dire che là dove dovrebbero stare, male, in 5 si sta almeno in 6, a Poggioreale a Napoli si sta in 7.

Come si fanno a rispettare gli avvisi del ministero della sanità in queste condizioni? Semplicemente non si rispettano e non solo per le persone detenute, ma anche per le guardie che entrano ed escono dal carcere senza alcun controllo. Il carcere è più affollato di uno stadio o di una movida che oggi vengono proibiti, ma chi è ammassato in quei momenti di svago se ne può andare, se invece venisse costretto a restare lì mentre arriva un morbo come reagirebbe? Se dovesse scoppiare il coronavirus in un carcere sarebbe una strage da peste manzoniana.

Di fronte a questi rischi lo stato ha subito reagito nella sua maniera più ottusa, proibendo immediatamente le visite dei famigliari alle persone detenute e promettendo più telefonate e contatti social che non compensano e che sicuramente verranno ostacolati dalla burocrazia carceraria. La rivolta nasce da questa rabbia: nessuna misura reale di sicurezza sanitaria per le persone detenute ammassate nelle celle e divieto di incontrare le persone care. Ben dodici persone detenute sono morte e noi che viviamo nel paese di Stefano Cucchi esigiamo che sia fatta luce e giustizia su come si perde la vita mentre si è in mano allo Stato.

Ma soprattutto ci vogliono misure immediate per prevenire o almeno contenere il rischio tremendo che incombe sulle carceri italiane, che devono essere assolutamente svuotate, almeno fino al punto di rendere le strutture in grado di reggere all’emergenza sanitaria del paese. Quindi ci vogliono la generalizzazione dei domiciliari, senza la trafila delle autorizzazioni che dura settimane e mesi. E poi soprattutto sono urgenti provvedimenti di amnistia ed indulto per ridurre la popolazione carceraria. Persino l’Iran ha svuotato le carceri in questi giorni, bisogna farlo con urgenza assoluta. E per chi resta in carcere, comprese le guardie, ci vogliono tutte le misure di prevenzione sanitaria che valgono per il paese e se queste si realizzano non serve l’isolamento dalle persone care. La civiltà di un paese si vede dalle sue carceri. I detenuti hanno ragione.