Prevenire il coronavirus nelle prigioni
Contro Coronavirus nelle carceri servono amnistia e indulto, persino l’Iran ha disposto moratoria
Gentile direttore,
in queste giornate così convulse per l’emergenza epidemica, due notizie hanno attratto la mia attenzione. La notizia che nella Repubblica Iraniana è stata disposta la scarcerazione di 54.000 detenuti, negativi al test Coronavirus e con pena residua da scontare non superiore a cinque anni, e la proposta fatta dall’on. Rita Bernardini riferita alla sollecitazione al nostro Parlamento ad emanare provvedimenti di amnistia, di indulto e di autorizzazione alle Procure della Repubblica ed alle Procure Generali di differimento nella emissione di ordini di esecuzione pena in conseguenza della definitività della condanna.
Pare evidente che la eccezionalità della situazione dovrebbe consigliare immediati interventi che riguardino la esecuzione delle pene. Le proposte dell’on. Bernardini potrebbero essere ritenute coerente contributo di riflessione alla soluzione, o, comunque, al contenimento, dei problemi, data l’eccezionale emergenza che stiamo vivendo, emergenza che appare essere, fin qui, dai tempi, dalla consistenza e dalle complessive dimensioni ancora non conosciute.
La previsione, che potrebbe conseguire a decretazione di urgenza, della sospensione della emissione di ordini di esecuzione pena, è agevolmente realizzabile in tempi strettissimi. Si tratta semplicemente di disporre con Decreto Legge che la emissione dell’ordine di esecuzione della pena venga differito, con caratteristiche di temporaneità, fino al cessare dell’emergenza, così evitando che persone che provengono dalla libertà, immessi nei circuiti carcerari, possano propagare il virus, ovvero possano contribuire alla nota condizione di sovraffollamento -faticosamente affrontata negli ultimi anni con provvedimenti di contenimento della popolazione carceraria- contribuendo a determinare la propagazione della epidemia in ambienti in cui il controllo e la prevenzione sono assai più difficili. Contribuirebbe efficacemente, quindi, ad abbassare quel livello di sovraffollamento carcerario, particolarmente dannoso nelle condizioni attuali, che anche per il passato ha determinato la attenzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con conseguenti condanne del nostro Paese.
Tra l’altro una determinazione nel senso ipotizzato non si risolverebbe nella rinunzia alla esecuzione della pena, ma soltanto in un differimento, data la eccezionalità del momento, a periodi in cui sia possibile garantire condizioni di salute adeguate presso i penitenziari, senza sottoporre oltre che le persone detenute, anche gli addetti al sistema penitenziario a un surplus di lavoro e di attenzioni in questo momento particolare. Eventualmente potrebbero essere previste eccezioni per talune tipologie di reati che destano particolare allarme nell’opinione pubblica. Quanto ai provvedimenti di clemenza, amnistia e indulto, certo di non velocissima emanazione, potrebbero però essere utili a più risultati.
Potrebbero, infatti, contribuire a determinare, nella situazione emergenziale attuale, un immediato contenimento della popolazione carceraria, soprattutto l’indulto; un più contenuto e mediato contenimento della popolazione stessa, la amnistia (sostanzialmente riguardando questa, per i suoi effetti sulla popolazione carceraria, quei condannati che, per effetto dei cumuli delle pene, ovvero per la revoca di precedenti benefici, finirebbero con l’essere destinatari di provvedimenti di esecuzione della pena).
La amnistia, in particolare, però, potrebbe contribuire a contenere l’afflusso di pubblico presso i Palazzi di Giustizia, soprattutto presso i Tribunali nella fase dibattimentale: anche se sono pure allo studio in queste ore percorsi di sospensione limitata delle udienze per l’immediato futuro epidemico, non può pensarsi ad un generalizzato e prolungato differimento della attività giurisdizionale, qualora l’epidemia dovesse durare ancora parecchi mesi. Potrebbe ipotizzarsi una sorta di “accantonamento” della celebrazione di alcuni procedimenti per reati che non destino particolare allarme sociale, indicati preventivamente o dal legislatore o quanto meno dal Csm in base al già utilizzato parametro del criterio prioritario nella trattazione degli affari.
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