In assenza di una regolamentazione chiara al livello nazionale sulle infiorescenze della canapa (la cosiddetta cannabis light) la palla deve tornare al Tribunale ordinario. La terza sezione penale della Corte di Cassazione “dà ragione” all’azienda Cannabidiol Distribution, tra le prime in Italia a lanciare sul mercato la cannabis light, che un anno fa aveva subito il sequestro di questi prodotti in un suo negozio a Torino, impugnando subito dopo quel provvedimento. Le motivazioni della sentenza, uscite ieri, sono chiare: in Italia non ci sono norme precise che valgono per tutti e questo fa sì che ogni volta i Tribunali debbano decidere se i vari sequestri che avvengono in giro per l’Italia sono giusti o sbagliati in base alla pericolosità e all’efficacia drogante dei prodotti commerciati.

L’unica legge che norma il settore, la n.242 del 2016, fissa infatti dei limiti sul thc, la sostanza psicotropa per eccellenza della canapa. Tuttavia la stessa Corte di Cassazione, a luglio dello scorso anno, aveva sancito l’illegalità di tutti i derivati della cannabis sativa L, anche con thc nelle soglie previste dalla normativa vigente. Nel 2018, inoltre, il Consiglio Superiore di Sanità, con il parere del 10 aprile 2018, ha sottolineato la possibile pericolosità, almeno per alcune categorie di persone (come minori e donne incinte) di foglie, infiorescenze e resine, qualunque sia il contenuto percentuale di delta-tetracannabinolo.

«Questa sentenza ci dice che abbiamo ragione – commenta a Il Riformista il titolare della società Luca Fiorentino – aggiungo che, come spiega la scienza internazionale, i prodotti che vendiamo non hanno effetto drogante. Sul Cbd, anche grazie alla nostra protesta, il ministro Speranza e il governo sembrano averlo capito e questo ci permette da ora di tornare a vendere gli oli. Rimane da combattere la battaglia sugli altri prodotti, per esempio contro la direttiva del Direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Marcello Minenna che ha bloccato la vendita delle infiorescenze nelle tabaccherie. Abbiamo fatto un’istanza di annullamento e attendiamo un riscontro in settimana».

Intanto, dopo il dietrofront del ministro Speranza, incalzato dal collega di partito Nicola Fratoianni e da un’interpellanza parlamentare dello scorso 21 ottobre che citava questo giornale, l’apertura a una legislazione nazionale sulla cannabis light arriva proprio da LeU. Il capogruppo alla Camera Federico Fornaro ci dice: «Quella del ministro è una decisione corretta, adesso è necessario prendere la via di una definitiva regolamentazione della commercializzazione dei prodotti derivati dalla cannabis».

Il Cbd rappresenta il 40-50% del fatturato di un settore che vale 150 milioni di euro all’anno, con oltre 15mila operatori, di cui l’80% sotto i 32 anni. Finché il Parlamento non interverrà con una normativa complessiva e definitiva imprenditori, agricoltori e giudici rimarranno nell’incertezza. Intanto, come ricorda Fiorentino: «al momento ci sono più di 2mila indagati e alcuni condannati per spaccio. Sono ragazzi come me che hanno aperto un negozio e commercializzato fiori di canapa. Io stesso ho diversi procedimenti aperti, ma il 90% dei sequestri viene definito illegittimo dai riesami».