Trent’anni fa con la legge 43 del 23 febbraio 1995 si avviava una piccola ma significativa rivoluzione copernicana che per gli equilibrismi bizantini del nostro paese. Non è certo cosa di poco conto. Quello che per tutti diverrà il “Tatarellum” – seguendo la tradizione inaugurata da Giovanni Sartori in occasione del debutto della legge elettorale di Camera e Senato definita appunto Mattarellum dal nome del suo relatore che fu per l’appunto Sergio Mattarella nel 1993 – dal suo promotore Giuseppe Tatarella.

Una legge che ha ad oggi un primato e vero proprio unicum nella storia italiana, la longevità. Dura e perdura perché si fonda su due capisaldi necessari per garantire stabilità e governabilità, due elementi distinti e da non confondere. La stabilità deriva dalla solidità delle maggioranze ed è dunque, se vogliamo, figlia del sistema maggioritario (quello che taluni vorrebbero sostituire con il proporzionale), mentre la governabilità è data dall’agibilità del potere esecutivo che non deriva da alchimie assembleari, ma da un mandato chiaro derivato dal voto popolare che investe il Presidente della Regione di un “potere” di tipo presidenziale, e che lo legittima e lo immunizza da alcuni tipici giochetti di palazzo.

Non ci sono dubbi che ben più di come avvenuto con la legge n. 81 del 1993 che disciplina l’elezione diretta del sindaco e dei Presidenti di Provincia, anche e soprattutto con il Tatarellum, si è cercato di prendere atto della trasformazione del sistema politico cercando di portare il paese verso uno sbocco necessario come una svolta in senso presidenziale. Un primo passo per una riforma più grande, un segno che quello che sembrava un tabù non fosse poi così irrealizzabile. Dopo trent’anni il “Tatarellum” ha vinto la battaglia più preziosa e anche la più complessa, quella con il tempo. Perché in un paese come il nostro in cui tutto tende ad essere mutevole questa innovazione – perché tale è stata – è rimasta lì, come la fiaccola di una speranza per chi crede che anche qui si possano realizzare le riforme e che i “no” non prevarranno in eterno, purché le riforme siano sensate e scritte con criterio giuridico e prima ancora logico. Certo nel tempo sono state poste alcune modifiche, ma nessuno é tornato indietro.

Nessuno – neanche coloro che si stracciano le vesti per il parlamentarismo – ha voluto ripristinare il vecchio sistema, e questo la dice lunga, insieme alla stabilità delle amministrazioni regionali sulla solidità del sistema presidenziale, così come di un maggioritario chiaro che si traduca in un risultato certo. Forse parlarne oggi ci ricorda che il cammino non è ancora compiuto e che in fondo un “Tarellum” più grande deve essere realizzato, e ne va del bene di questa Nazione.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese per grazia di Dio e conservatore per vocazione. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022 a maggio 2025. Oggi e per sempre al servizio della Patria. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito: John Wayne.