Mentre Donald Trump incassa senza molta sorpresa il ritorno della guerra fredda, cosa che fino a un anno fa sarebbe stata impensabile, a Mosca Vladimir Putin manda in onda su tutti i network il suo numero preferito: “Questi sono pazzi, giocano col fuoco e fanno finta di non aver letto la dottrina nucleare russa”. Sfoglia sollevando in aria un documento dall’aria stropicciata e aggiunge: questa è la nuova dottrina militare russa del tutto diversa da quella dei tempi dell’unione sovietica. Qui c’è scritto – e tutti i paesi occidentali lo sanno – che la Russia userà armi nucleari in qualsiasi caso il nostro paese si senta minacciato esistenzialmente. Ed esistenzialmente significa che si senta minacciato nella sua stabilità e controllo dei suoi confini. Per questo non esisterà mai una Ucraina occidentale, integrata con l’unione europea e con la Nato. E poiché tutto è scritto in modo dettagliato e da anni, davvero non comprendo che cosa non sia ancora chiaro al presidente Trump e ai suoi alleati europei.

Lo sguardo di Peskov

Putin ha parlato con quel tono mesto, fra il triste e l’incredulo di chi credeva di aver già ben chiarito che la Russia non ha la minima intenzione di fermare i combattimenti finché non avrà vinto militarmente l’invasione dell’Ucraina alla quale intende imporre tutte le condizioni della resa, fra cui il disarmo, la neutralità e la rinuncia formale ad entrare nella Nato e nell’Unione Europea. Dimitri Peskov, il suo portavoce dall’aria britannica (e che parla un’eccellente inglese) guardava Putin con i membri del governo senza alcuna espressione, salvo Dimitri Medvedev, che ha minacciato più volte di far sparire Polonia e Inghilterra dalle carte geografiche, che accennava un sorriso compiaciuto. Ma la novità di questi giorni è ciò che dicevamo all’inizio: tutto il popolo repubblicano Maga (facciamo l’America grande di nuovo) o “America First” che sembrava entusiasta dell’appeasement con la Russia dei grandi affari, adesso non ha dato alcun segno di malumore per l’apparente cambio di passo presidenziale e, anzi, è come se si sentisse liberato da una palla al piede.

La sofferenza di Rubio

Il più sofferente di tutti era stato il Segretario di Stato Marco Rubio che nasce nell’enclave cubana e anticastrista da cui proviene anche il senatore texano Ted Cruz che ha saldato la sua fedeltà a Trump facendo la voce grossa con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in visita alla Casa Bianca nel mese d febbraio e che adesso sembra liberato dall’incubo de continui “niet” di Putin a qualsiasi ipotesi di cessate il fuoco con l’Ucraina. Trump come è noto farà pagare ai Paesi europei della Nato del Nord i missili Patriot e lo fa accelerando al massimo la consegna alla Polonia. Poi ha minacciato la Russia di sanzioni se non torneerà a trattare entro 50 giorni, ma nel frattempo applicherà tariffe pesantissime a qualsiasi Paese che comperi petrolio russo di contrabbando.

Il fronte bipartisan

L’idea di far pagare alla Nato le armi destinate all’Ucraina ha entusiasmato tutti sostenitori di Trump, sicché si è creato un fronte bipartisan con i repubblicani mentre si registra l’eccezione del vicepresidente JD Vance, che è stato sempre il più critico nel piano di forniture di armi all’Ucraina, e che insiste nel dire che non si dovrebbe fare questa operazione. Questa settimana si è mostrato silenzioso durante le riunioni all’Oval Office mentre il presidente annunciava i suoi piani per non caricare il bilancio americano di nuove spese per aiutare l’Ucraina. Il senatore Rick Scott, repubblicano della Florida e che è stato un veemente oppositore della fornitura di aiuti all’Ucraina, ha cambiato idea e adesso si dice favorevole al nuovo piano di Trump: “Sono sicuro – ha detto – che Trump non ci voglia portare in nessuna guerra, ma che raggiungerà i suoi obiettivi attraverso la pace”.

Trump vuole evitare lo scontro con la Russia

La posizione di Trump è stata sempre quella di evitare uno scontro con la Russia, anche adesso nelle condizioni più drammatiche, tanto che si è sempre detto disgustato dalle foto e dai filmati segreti che ha potuto vedere sulle crudeltà compiute specialmente dai russi sul fronte del combattimento. Donald Trump, del resto, non ha fatto mai mistero di ambire al premio Nobel per la pace impegnandosi su entrambi i fronti di guerra: quello ucraino e quello di Gaza. Si è creata una situazione tesa e delicata sul fronte interno degli Stati Uniti, per la linea perseguita da Trump ogni americano dovrebbe essere disgustato dalla guerra. Sono in corso anche delle trattative fra democratici e repubblicani per trovare una via d’uscita che non costringa a uno scontro diretto con la Russia.

I 50 giorni di Trump alla Russia

Trump, concedendo 50 giorni alla Russia, vuole rafforzare l’impressione di una ostilità di principio per qualsiasi scontro armato con perdita di vite umane. Ma al tempo stesso la situazione che si è creata con il sostegno dei Maga all’eventualità di un confronto con i russi – oltre a un incontro con i democratici per arrivare a una soluzione bipartisan – è l’elemento che emerge in queste ore di affannose trattative diplomatiche in cui Trump ha deciso di non deludere quei lavoratori americani che hanno votato repubblicano nella certezza di non dover più assistere ad una guerra guerreggiata da soldati degli Stati Uniti costretti ad andare oltremare come era accaduto nelle precedenti guerre mondiali.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.