«Napoli è zona rossa. Ora però è il momento di pensare e lavorare per trasformare il rosso in verde, ma nel mezzo c’è una zona arancione dalla quale dobbiamo intervenendo sulla sanità e subito dopo sullo sviluppo economico». Sergio Locoratolo, docente di Diritto commerciale all’università Federico II, traccia la rotta per salvare Napoli e mettersi alle spalle questo momento che vede la città in ginocchio davanti al virus e all’emergenza economica. Sull’edizione del Riformista di ieri, Salvatore Prisco ha lanciato l’idea di puntare sulla solidarietà, caratteristica insita in ogni buon napoletano: una virtù di cui abbiamo avuto un assaggio durante la prima fase della pandemia, quando da diversi balconi furono calati panieri contenenti cibo e vari generi di prima necessità a disposizione dei meno abbienti. Ecco, è esattamente questo lo spirito alla base della proposta di Prisco: un contributo in denaro una tantum, tratto dallo stipendio o dalla pensione percepiti dai più fortunati, da mettere a disposizione di chi è stato travolto dalla crisi. Ricorda la patrimoniale del 1992, ma in realtà Prisco ha parlato di una donazione spontanea e dunque non imposta dallo Stato.

Secondo Locoratolo la proposta di Prisco è valida, ma necessita di qualche correzione. «La generosità che abbiamo visto va regolamentata – spiega il dicente di Diritto commerciale – Non respingo a priori l’idea di una patrimoniale come quella del 1992, se non altro perché lo Stato si trova oggi ad affrontare una crisi senza precedenti contro la quale la generosità di napoletani e italiani rischia di rivelarsi insufficiente». La sensazione, però, è che Napoli stia soffrendo di una mancanza endemica di idee: mancano i progetti, manca una visione strategica della città, eppure è uno dei Comuni più finanziati d’Italia. «Una pioggia di denaro senza un piano chiaro e preciso è del tutto inutile – dice Locoratolo – Bisogna circoscrivere gli investimenti e individuare le priorità. In questo momento l’emergenza è prima di tutto sanitaria, quindi quei soldi che lo Stato riceverà dai contributi dei cittadini dovranno essere utilizzati per fare nuove assunzioni, costruire ospedali e potenziare la medicina territoriale che è praticamente inesistente». Partire da qui per poter poi volgere lo sguardo altrove, dunque, cioè verso l’emergenza economica e sociale: dopo aver ristrutturato e attrezzato la sanità per l’emergenza, occorrerà rimettere insieme i cocci di un sistema economico devastato dal virus.

«L’economia ripartirà e Napoli dovrà essere pronta a ripartire con lei – afferma Locoratolo – Si potrebbe cominciare rilanciando le zone economiche speciali (Zes) che finora hanno dato risultati modesti e non sono decollate davvero». Le Zes sono uno strumento ampiamente conosciuto. Si tratta di zone delimitate geograficamente nelle quali è prevista una lunga serie di benefici e di incentivi alle imprese che hanno l’obiettivo di attrarre investimenti. «L’idea – aggiunge Locoratolo – è quella di creare una Zes entro i confini coincidenti con l’area metropolitana di Napoli. Se, invece di incidere su piccole porzioni territoriali, i benefici della Zes si potessero spiegare in un ambito molto più ampio come quello dell’intera area metropolitana di Napoli, cambierebbe tutto». E l’idea parte dal fatto che il 50% delle piccole e medie imprese di tutta la Regione si concentrano all’interno della città.

Ampliare le Zes, però, non basta, va ripensata la loro struttura. «Penso a un’area vasta dove immaginare uno sviluppo concepito secondo il noto schema delle “tre eliche” – spiega Locoratolo – e cioè governo del territorio, ricerca e impresa. Una sinergia piena tra Regione ed enti locali, sistema della conoscenza e realtà imprenditoriali in grado di creare uno sviluppo virtuoso. Si potrebbe così estendere a livello regionale il sistema di eccellenza prodotto dalla Federico II a San Giovanni a Teduccio». Napoli, dunque, ha la possibilità di ripartire e vedere quel rosso sbiadirsi fino a diventare verde. Può farlo in questo modo, guardando con un occhio all’emergenza sanitaria e con l’altro all’economia.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.