Quando la zia di Rossana Miranda si è rotta il femore, nessuna ambulanza è arrivata. Miranda, giornalista venezuelana cresciuta a Caracas e oggi residente in Italia, lo racconta con la stessa incredulità con cui lo ha appreso dai parenti rimasti nel Paese. La zia ha lavorato quarantacinque anni come insegnante di storia dell’arte, è stata persino preside di un liceo, e oggi la sua pensione è di cinque dollari al mese. «Se non le mandiamo i soldi dall’estero, letteralmente muore di fame», dice Miranda. Attraverso le telefonate quotidiane con la famiglia, vede da lontano un Venezuela che si sgretola un pezzo alla volta.

Negli stessi giorni in cui la sua famiglia cerca di orientarsi tra ospedali senza mezzi e stipendi che non bastano a comprare le medicine, il Paese si risveglia al centro di due nuove scosse internazionali. La prima è arrivata dal mare: gli Stati Uniti hanno sequestrato una petroliera venezuelana al largo della costa, sostenendo che trasportasse greggio aggirando le sanzioni. Per Caracas è stato un atto di «pirateria»; per molti cittadini, già allarmati dai continui passaggi dei caccia americani, il segnale che l’escalation non è più solo retorica.
La seconda scossa è simbolica, ma non meno potente. María Corina Machado, storica leader dell’opposizione, ha ricevuto a Oslo il Premio Nobel per la Pace. Il riconoscimento, ritirato dalla figlia e celebrato dalla stessa Machado presente in Norvegia dopo essere riuscita a lasciare il Paese, ha riacceso i riflettori sulla repressione interna e sulla domanda di democrazia che continua a muoversi sotto traccia. Mentre Donald Trump promette «operazioni di terra molto presto» contro il regime di Nicolás Maduro, il cielo del Paese è già in tensione. «Chi vive lì vede sui radar civili i caccia americani avvicinarsi alle coste, sfiorare lo spazio aereo e poi tornare indietro», racconta Miranda. «Succede più volte al giorno: un avvertimento continuo».

A terra, il Venezuela è isolato. I voli commerciali sono quasi scomparsi e gli aeroporti restano vuoti. Così migliaia di venezuelani all’estero non riescono più a rientrare. Sul piano politico, alle dichiarazioni roboanti di Trump si affiancano le mosse della diplomazia americana, che continua a ribadire che «tutte le opzioni sono sul tavolo». In questo clima avvelenato, anche una telefonata tra Trump e Maduro è bastata ad alimentare speculazioni: secondo alcune fonti, il presidente americano avrebbe chiesto al leader venezuelano di lasciare il potere. Voci non confermate, ma che circolano ovunque. La giustificazione ufficiale di Washington resta la lotta al narcotraffico. Per gli Stati Uniti, il collasso dello Stato venezuelano ha trasformato porti e frontiere in snodi decisivi per le rotte della cocaina. È il motivo per cui l’amministrazione Trump considera il regime una minaccia alla sicurezza nazionale.

Per comprendere come si sia arrivati fin qui, Miranda guarda al passato. «Con Chávez, pur in un sistema corrotto, esisteva ancora una capacità politica e c’erano risorse. Con Maduro tutto si è sgretolato: l’industria petrolifera è ferma, i tecnici se ne sono andati e la manutenzione non si fa più». Intorno, nessun Paese sembra disposto a difendere il regime. «Anche chi era vicino a Maduro oggi prende le distanze», osserva Miranda. «Tutti stanno subendo la nostra migrazione». La sanità pubblica è crollata: esiste solo quella privata, spesso più cara che in Europa. Anche il sistema energetico è instabile: blackout continui, raffinerie ferme, infrastrutture senza manutenzione. Nel vuoto che resta, il Venezuela vive sospeso. «Quando Trump parla, è difficile capire quanto ci sia di vero e quanto di propaganda», conclude Miranda. «Ma chi è rimasto lì non aspetta la bomba: aspetta lo stipendio, il bonifico dei parenti, il prossimo blackout. È questa la guerra quotidiana dei venezuelani».

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Ho scritto “Opus Gay", un saggio inchiesta su omofobia e morale sessuale cattolica, ho fondato GnamGlam, progetto sull'agroalimentare. Sono tutrice volontaria di minori stranieri non accompagnati e mi interesso da sempre di diritti, immigrazione, ambiente e territorio. Lavoro al The Watcher Post.