Esteri
Venezuela contro Stati Uniti, la tensione cresce. La Cia è pronta, Trump: “Maduro ha i giorni contati”
Continua il serrato pugno di ferro degli Stati Uniti contro il Venezuela, e ora dopo ora la tensione cresce e lo scontro diretto si fa sempre più imminente. Del resto il Pentagono sta esibendo la sua forza in mondo visione con le immagini della Flotta schierata nel Mare dei Caraibi come non si vedeva dai tempi dell’operazione “Urgent Fury”, la guerra lampo voluta da Ronald Reagan e che portò il 25 ottobre del 1983 allo sbarco dei Marines sull’isola di Grenada. Anche all’ora l’operazione fu condannata dall’Onu – e questo la dice lunga sulla rilevanza delle Nazioni Unite quando sono in ballo gli interessi americani -, e come oggi il teatro fu il Mar dei Caraibi.
Ieri come oggi, al netto di un certo senso del vintage, anche in questo caso a confrontarsi sono le due visioni d’America, quella statunitense e quella marxista – leninista, che assume le vestigia corrotte del regime di Maduro, che per gli Stati Uniti è il vertice dei cartelli. Nel 1983 l’obiettivo ufficiale era quello di impedire che si istaurasse a Grenada un nuovo regime comunista controllato da Cuba, uno sfregio inaccettabile per gli Stati Uniti nel loro cortile di casa – con lo spettro della “Baia dei Porci” dietro l’angolo -, ma in verità la necessità di quella vittoria risiedeva nella volontà degli Stati Uniti di tornare ad assaporare il senso della vittoria, dopo il dramma del Vietnam, cosi da coronare l’era dell’ottimismo reaganiana anche sul piano militare. Una vittoria che serviva al di là dell’immediato risultato politico e geopolitico per risvegliare l’animo di una nazione depressa.
Ed anche oggi l’America ha la necessità di uscire dalla depressione della decadenza post-Afghanistan, e quale modo migliore se non restituendo la libertà – American Dream – ad un popolo oppresso da un tiranno comunista e per di più narcotrafficante? Dunque non più una miccia ideologica, ma securitaria alla tranquillità americana, quella che Donald Trump ha promesso di ripristinare. La ciliegina trumpiana è fornita poi dalla presenza di una figura come Maria Corina Machado, Premio Nobel per la Pace e rampante leader dell’opposizione venezuelana.
Sul terreno intanto sono 14 le imbarcazioni colpite dai raid della U.S. Navy, in quella che ufficialmente è ancora una guerra contro i narcotrafficanti venezuelani, e dunque indirizzata a colpire i canali di esportazione della cocaina e del fentanyl, che negli Stati Uniti è un vero e proprio flagello. Intanto i Marines hanno simulato le operazioni di sbarco, quasi a voler invitare i titubanti golpisti ad agire in fretta, rovesciando il regime senza scatenare un eventuale invasione. Guerra psicologica, e spettro che Maduro tenta di allontanare chiedendo aiuto a Russia e Cina, alleati di Caracas che Washington è intenzionata ad allontanare dal proprio emisfero.
Il rischio di una nuova crisi cubana c’è, e non è escluso che i russi ipotizzino un’Ucraina americana. Ma Washington e soprattutto la Cia questa volta sembrano essersi mossi con tempo, e del resto contrariamente a quanto avvenuto in Ucraina con buona pace del Cremlino il regime di Maduro è inviso al popolo venezuelano, ma fino ad oggi è mancata la volontà di rovesciare un regime forse per mancanza di un’alternativa ritenuta credibile e affidabile.
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