La 'cacciata' del nemico dal continente americano
Trump con il Venezuela di Maduro rilancia la Dottrina Monroe, il nuovo volto dei neocon in salsa Maga
L’Amministrazione Trump ha messo nel mirino il regime venezuelano di Nicolás Maduro, e questa volta gli Stati Uniti sembrano intenzionati ad andare fino in fondo. Questa è la sensazione che giorno dopo giorno prende forza e rianima l’opposizione interna, frodata elettoralmente e costretta a una lotta finora infruttuosa, ma mai come ora galvanizzata dalla conquista del Premio Nobel per la Pace da parte di María Corina Machado, la donna che Trump immagina già alla guida del futuro governo di Caracas. Lo stesso dittatore comunista, erede di Hugo Chávez, per la prima volta percepisce concretamente l’accerchiamento operato da Washington e alterna toni conciliatori e invocanti la pace a minacce destinate più ai suoi sostenitori e “alleati” che al presidente degli Usa e alla flotta americana.
L’operazione degli Stati Uniti è sorta ufficialmente con lo scopo di ostacolare i cartelli della droga e fermare non solo il traffico di stupefacenti, ma anche il corollario di violenza che ne deriva. Quella che potrebbe essere la sceneggiatura perfetta per una pellicola con del Toro e che ricorda la trama di un classico della letteratura thriller vergato Tom Clancy, che del genere è stato un maestro. Qui invece la direzione è del tycoon, ma la firma della sceneggiatura è del Segretario di Stato Marco Rubio. Di origine cubana, l’ex senatore della Florida non digerisce il regime venezuelano, così come ogni forma di comunismo presente nel continente americano, tanto da aver modificato l’approccio “soft” che aveva caratterizzato l’impegno fuori dai confini degli Usa sotto Trump.
L’interrogativo che molti osservatori si stanno ponendo è il seguente: sono tornati i neocon? E quanto questa nuova sfumatura dell’Amministrazione Trump potrebbe conciliarsi con la base Maga, vista come tendenzialmente isolazionista e poco incline a rinnovare il ruolo degli States come “sceriffo” del mondo? Qualche cinico potrebbe serenamente concludere che, non avendo più il problema della conferma, Trump può permettersi una certa agibilità. Ma la verità è ben più semplice di quanto possa sembrare, e la risposta sta sempre in quel particolarissimo binomio costituito dal fattore psicologico e antropologico del popolo americano.
Per capirlo basta tornare a quello che è il modello principe della politica estera di Trump e che, con poche eccezioni fino alla presidenza di Theodore Roosevelt, è stato il dogma della politica americana: la Dottrina Monroe. Stabilisce nella mentalità americana la supremazia nel continente americano. Un passaggio fondamentale per capire che ciò che avviene ai confini degli Stati Uniti nella concezione americana non può essere ritenuto come una semplice azione di politica estera. Discorso che, in tempi di nuova contrapposizione tra potenze, assume maggior rilievo, considerato il legame che il regime di Maduro ha stretto con Russia e Cina. La morsa si stringe, e Trump sembra essere intenzionato a realizzare la sua personalissima cacciata del “nemico” dal continente americano, che per gli Stati Uniti è il cortile di casa. E questo lo sanno anche i più radicali Maga, che i neocon non li hanno in simpatia, ma che attendono con trepidanza lo “scalpo” di un dittatore sgradito all’America e al suo stesso popolo.
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