E pazienza per chi non ha riconosciuto lo Zerocalcare di Strappare lungo i bordi in quello di Strati. “Per tutti quelli indignati e offesi e delusi che sentono di dovermi dire che non mi leggeranno mai più, iddio mi è testimone che ho detto letteralmente a tutti che mi sembrava incauto tatuarsi il disegno di uno solo perché l’hai visto mezza volta su Netflix”, ha scritto il fumettista su Facebook. Questo dopo le critiche, anche prima dell’uscita, sulla storia che ha scritto, disegnato e pubblicato su L’Essenziale su Ugo Russo, il 15enne ucciso durante un tentativo di rapina a Napoli, nel quartiere Santa Lucia, da un carabiniere in borghese.

Roba incandescente. L’artista Leticia Mandragora per il suo murales dedicato a Russo, è stata denunciata per abuso edilizio – secondo il Tar il lavoro si deve cancellare, è stato fatto ricorso al Consiglio di Stato. C’era anche lei in Piazza Montecalvario, Quartieri Spagnoli, per la presentazione di Strati proprio con Zerocalcare. Centinaia di persone a sventolare il fumetto con il Comitato Verità e Giustizia per Ugo Russo. Il carabiniere è indagato per omicidio volontario. La protesta per la lentezza delle indagini, ancora non chiuse – la tragedia si consumò il primo marzo 2020.

La vignetta che più ha colpito il padre di Ugo, Vincenzo Russo: quella con il proiettile che entra ed esce dal cranio del 15enne. La famiglia chiede di accertare se uno dei tre colpi andati a segno sia stato esploso mentre il ragazzo fuggiva, quando era già a una manciata di metri dall’automobile in cui si trovava il militare con la fidanzata, lì dove il cadavere è stato ritrovato. Il fumetto potrebbe rappresentare un salto di notorietà della vicenda. Zerocalcare – nome d’arte di Michele Rech, da Rebibbia, Roma – ha ricostruito nelle vignette un percorso di scoperta della complessità. Oltre il pregiudizio e la semplificazione. Dice di non essere un intellettuale (la copertina “L’ultimo intellettuale” a lui dedicata da L’Espresso, già finalista al Premio Strega) ma è sicuramente engagé: aveva già portato temi non proprio mainstream a un pubblico più ampio con Strappare lungo i bordi e con Kobane Calling. E aveva sempre funzionato. Difficile trovare tanto entusiasmo in Italia, per esempio, per uno scrittore. A giudicare dai presenti, dalle richieste di dediche e di selfie no, non è un intellettuale, ok: Zerocalcare è più una rockstar.

Perché ha deciso di raccontare questa vicenda?

Questa storia l’avevo appresa distrattamente. Poi ho avuto modo di risentirla, di leggere delle cose del Comitato, e poi ho sentito un intervento di Enzo Russo, del padre, che ho incontrato a Catania. Ci ho trovato tanti aspetti in comune con storie che avevo conosciuto da vicino. Non proprio nella dinamica, che è da accertare, piuttosto in tutta la difficoltà di arrivare a quest’accertamento. Come succede tante volte quando in un caso non chiaro c’è di mezzo una divisa.

Credi questa vicenda racconti anche altre cose?

Ci sono tanti strati in questa vicenda: quello che è successo quella sera, quello che succede in questa città, quello che è successo in casi simili, quello che succede quando è una divisa a dover andare a processo.

L’anno scorso si è ricordato il G8.

Il G8 è stato l’evento macroscopico. Sono tante le situazioni in cui i processi si arenano, si impantano, in cui nascono delle opacità. Penso a Federico Aldovrandi o ai pestaggi nelle carceri.

Come risponde a chi l’accusa di aver celebrato un criminale?

In un fumetto di 23 pagine in una sola vignetta Ugo Russo viene ricordato non solo come un rapinatore ma come un 15enne che faceva cose che fanno i 15enni. Se anche soltanto quell’unica vignetta può bastare a definire questo lavoro celebrativo, vuol dire che c’è un problema di igiene del dibattito. La semplificazione è un guaio di questi tempi. Ho imparato che nella vita, tolto quando ero ragazzino che vedevo tutto molto bianco e molto nero, ci sono una serie di sfumature.

A Napoli si è parlato di “guerra dei murales”: di cancellare quelli che incitano alla criminalità. Che idea si è fatto?

Non conosco il dibattito napoletano, non ho gli strumenti per dire la mia. Ho visto il murales di Ugo che chiede Verità e Giustizia e che si esprime anche contro tutte le mafie. Quindi non mi pare si tratti di apologia della criminalità. Ricorda un ragazzino ammazzato a 15 anni, mi pare legittimo che la famiglia e i conoscenti vogliano ricordarlo.

Si aspettava le critiche che ha ricevuto, perfino prima della pubblicazione del fumetto?

Me l’aspettavo perché il tema degli abusi in divisa è tema molto sensibile in questo Paese. Lo stesso problema l’ho avuto quando ho cominciato a fare i fumetti dieci anni fa. La serie tv (Strappare lungo i bordi, ndr) ha aperto la questione a un pubblico ancora più grande. Ho lo stesso problema che avevo dieci anni fa ma moltiplicato per cento: persone che senza neanche leggere il fumetto, prima che uscisse, hanno cominciato a parlare di “santificazione dei criminali” oppure di “mettere sotto accusa la divisa”. Si chiede di accertare la verità sulla storia di un pischello sparato in testa. E non vedo come nessuna di queste obiezioni – tipo: “e vabbè ma la famiglia”, “e vabbè ma quello che è successo dopo”, “e ma questo”, “e quello” – possa scalfire il fatto che un pischello è stato sparato in testa. Il problema sta nel discorso pubblico.

Queste critiche rappresentano un problema?

Io sto sereno con la coscienza mia. Faccio le cose mie, e chi le vuole leggere le legge.

Altro tema tabù sul quale ha scritto: il carcere.

Anche lì quello che ti viene detto è: “Ma se non faceva niente non stava in carcere”. Come se per un errore che si è fatto, si merita tutto quello che di brutto può succedere: dalle torture ai pestaggi a essere sparato. E questa maniera di pensare in una democrazia è un problema.

L’hanno definita “L’ultimo intellettuale”.

Pensa te, come stiamo messi.

Riesce però a creare dibattito intorno a casi che non sono di tendenza.

Posso restituire a un dibattito collettivo una vicenda. Questo lavoro per esempio è nato chiacchierando con la famiglia, il comitato e altra gente. Alla fine è una specie di imbuto dal quale esce il nome mio ma è il frutto di una collettività di persone.

Quale obiettivo si era posto con il lavoro su Ugo Russo? 

Non penso che i fumetti cambino le cose. Né i processi né la vita. Però spero che chi legge il fumetto, quando sentirà o leggerà il nome di Ugo Russo, si approccerà alla vicenda con meno pregiudizi.

È vero che si sta lavorando a un cartone su questo lavoro?

È la terza volta che me lo chiedono. Non ne so niente.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.