Settant’anni fa se ne andava uno dei fondatori della Repubblica, Alcide De Gasperi. L’ultimo presidente del Consiglio del Regno d’Italia, il primo della Repubblica, prese in mano un paese affamato, distrutto dalla guerra e umiliato da vent’anni di fascismo. I suoi governi seppero gettare le basi per il miracolo economico. Da anti-comunista, promosse diverse riforme sociali per realizzare quella giustizia sociale che è finalità della Costituzione: da quella agraria a quella tributaria, dalla creazione della Cassa del Mezzogiorno all’Eni, fino al grande piano casa, che resta tutt’oggi il più importante programma abitativo mai realizzato nel nostro paese. Insomma, uno dei più importanti politici d’Italia, “un leader – scrive Antonio Polito ne Il Costruttore – che non ebbe bisogno di definirsi ‘riformista’ per diventare il più grande riformatore della storia Repubblicana”.

L’eredità di De Gasperi

L’impronta di De Gasperi, però, non si limita alla politica interna. La sua eredità in politica estera è persino superiore e ricordarla oggi, nel disordine mondiale in cui viviamo, dovrebbe far riflettere. Fu lui a rappresentare l’Italia nei consessi internazionali del Dopoguerra, quando si decidevano i nuovi equilibri internazionali e il nostro paese scontava l’essere stato una potenza dell’Asse. Gli anni dei suoi governi furono decisivi per il nostro ancoraggio all’Occidente democratico. Nel 1947 l’adesione alle istituzioni di Bretton Woods (Banca Mondiale e Fondo Monetario) contribuì alla stabilità monetaria e all’accesso ai finanziamenti del Piano Marshall. La partecipazione a quest’ultimo comportò, nel 1948, l’adesione all’Organizzazione europea per la cooperazione economica (che poi diventerà l’Ocse), ponendo le basi per gli scambi commerciali tra paesi europei. L’anno successivo, il 1949, vede l’adesione definitiva al blocco Atlantico, con l’Italia tra i 12 paesi fondatori della Nato.

La bussola di un sincero europeismo

Tutto ciò, seguendo la bussola di un sincero europeismo, radicato nella sua storia di uomo di confine, di patriota italiano nato nell’impero asburgico, di democratico e antifascista arrestato ed emarginato dal regime, di fervente cristiano (verrà definito “Servo di Dio” dalla Chiesa) guidato dall’ideale della fraternità tra i popoli. De Gasperi può essere considerato a tutti gli effetti il primo sovranista europeo, perché già allora aveva compreso che solo attraverso l’Europa l’Italia poteva esercitare una vera sovranità. Per questo dedicò i suoi ultimi anni alla Comunità europea di difesa (Ced), non solo un esercito comune, ma un progetto di Europa politica, con istituzioni sovranazionali, un bilancio comune e un controllo politico.

“Se l’U­nione Europea non la si fa oggi, la si dovrà fare inevitabilmente fra qualche lustro”, dirà alla figlia Maria Romana pochi giorni prima di morire, quando aveva compreso che la Ced era naufragata per mano dei francesi, che la affosseranno ufficialmente appena 11 giorni dopo la sua morte. Un’autentica profezia. Passeranno, infatti, 38 anni prima che la Comunità economica europea diventi Unione, con il Trattato di Maastricht. Una profezia che resta valida, perché siamo ancora alla ricerca di un’Europa politica e, soprattutto, geopolitica. Verrebbe spontaneo domandarsi che piega avrebbe preso la storia se l’ultimo, visionario, progetto di De Gasperi si fosse realizzato. È più utile, però, concentrarsi sul presente, dove l’assenza di quell’Europa politica immaginata da De Gasperi ha risvolti molto concreti – tragici se pensiamo a Gaza –  nella nostra incapacità di incidere sulle dinamiche geopolitiche. Così, le sue parole e la sua testimonianza diventano un filo che unisce passato, presente e futuro, un’ispirazione per proseguire nel suo impegno per realizzare il sogno europeo.

“Come gli antichi profeti – ha ricordato domenica l’Arcivescovo Ivan Maffeis nella Lectio Degasperiana – ha indicato una strada e un metodo politico che vanno oltre la sua stessa esistenza”. Per questo resta una figura più che mai attuale. A lui sono intitolate migliaia tra vie e piazze nel nostro paese: è tra i nomi più ricorrenti nella toponomastica italiana. Da oggi, al Meeting di Rimini, la Fondazione De Gasperi inaugura la mostra “Servus Inutilis” per celebrare il politico e l’uomo. Per ricordare che si può essere radicali senza essere estremisti; forti senza essere muscolari; cristiani impegnati in politica senza dover sacrificare la laicità dello Stato, anzi, rafforzandola.

Michele Bellini

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